l «dottor» Umberto Veronesi: Ministro della Sanità nel 2000, sostenitore della depenalizzazione delle droghe leggere, sostenitore dell'eutanasia e della cura chemioterapeutica

Quando la sifilide comparve in Europa nel '500, i medici adottarono una cura radicale: l'amputazione del pene a migliaia di disgraziati.
Oggi è facile capire il loro errore: presero la sifilide come una malattia «locale», e attaccarono là dove si manifestava la piaga luetica.
Erano scusabili, ignorando tutto delle affezioni batteriche e della spirocheta che infettava l'intero organismo.
Oggi lo stesso errore - senza nessuna scusa - viene applicato nella «cura» del cancro.
La chemioterapia e l'irradiazione presumono di aggredire «localmente» il tumore, come se «il paziente fosse semplicemente il portatore occasionale del suo tumore».
Mentre è ormai chiaro, persino agli oncologi di successo mediatico come Veronesi, che il cancro è essenzialmente una malattia «sistemica» e «centrale»: la cui causa va cercata nel «sovvertimento dell'omeostasi biologica antiblastica e dei suoi molteplici meccanismi differenzianti, citoregolatori, apoptotici, immunologici». 
Sto citando passi da «Il Metodo Di Bella», scritto dal figlio, Giuseppe Di Bella, che me ne ha fatto omaggio. (1)
Un libro francamente impressionante.
Scopro ad esempio che oggi in Italia - per decreto di Rosy Bindi - è positivamente «vietato» ad un medico curare i pazienti oncologici con metodo diverso dalla chemioterapia.
E' obbligatorio per legge trattarli con una terapia la cui inutilità nel casi migliori, letalità nei peggiori, è comprovata oltre ogni dubbio da importanti studi indipendenti.
Per esempio l'indagine condotta su 782.020 pazienti «curati» Inghilterra e in Galles: a cinque anni dalla «cura» chemioterapica, ne erano morti 541.976.
Il 71%.

Gli attacchi alla terapia Di Bella puntavano alla sua inefficacia, al suo aspetto di trattamento al massimo di «palliativo».
Personalmente, non so quanti successi possa vantare Di Bella: ma mi è chiaro che la «cura», che fallisce nel 71% dei casi, andrebbe immediatamente proibita, e non invece resa obbligatoria dai politici.
Peggio, è documentato che in certi casi, la mortalità è provocata non dal cancro, ma dalla «cura»: sui bambini leucemici acuti, l'11% muoiono entro i 4 giorni e gli 11 mesi dalla chemioterapia, e a causa di essa.

La teoria scientifica (se si può chiamare così) che conduce alla chemioterapia consiste infatti nell'avvelenare l'intero organismo con sostanze velenose per le cellule (cito-tossiche) nella speranza che le cellule malate, cancerose, muoiano «prima» delle sane.
Mentre è noto agli stessi chemio-terapeutici che «i dosaggi capaci di sterilizzare l'ammalato da tutte le cellule neoplastiche sarebbero letali prima di raggiungere il 50% della dose efficace».
Dunque, i pazienti vengono trattati - per non ammazzarli a forza di veleno - con dosi che gli stessi medici tipo Veronesi sanno «insufficienti».
Tant'è vero che la chemio viene regolarmente seguita dalla chirurgia, per asportare - spesso insieme a parti essenziali del nostro organismo - le cellule cancerose rimaste.
E' la versione moderna e «scientifica» dell'amputazione del pene.
Con la piena coscienza che per lo più le cellule cancerose asportate localmente ricompaiono e tornano a proliferare, più rigogliose di prima, perché la chemioterapia ha per sé effetti mutageni. Perché, appunto, il cancro non è una malattia locale, ma centrale.
Che cosa vuol dire «centrale»?
Nel libro di Di Bella, scopro che si tengono continuamente nel mondo congressi scientifici su un preciso tema: «The pineal gland and cancer» (Tubinga 1987), «European Pineal Society colloquium» (Sitges 1996) e così via.
L'attenzione degli scienziati veri (non dei Veronesi) è dunque attratta dalla ghiandola pineale o epifisi.
Si tratta della ghiandola più anatomicamente protetta del corpo: affondata profondamente nel cervello, e racchiusa da una conchiglia ossea a forma di mandorla. (2)
Essa ha natura doppia, da centauro: è per metà parte del cervello, materiale neurale, e per metà ghiandola endocrina.
Che emette non uno, ma numerosi ormoni: in quantità minime, molecolari.
Questi ormoni scatenano a cascata l'azione delle grandi ghiandole endocrine periferiche, dalla tiroide alle surrenali ai testicoli.
Insomma è la pineale che - dal centro del cervello - impartisce gli ordini per affrontare le situazioni vitali: l'increzione del testosterone che presiede alla eccitazione sessuale quando si avvicina la donna amata, lo scatenarsi di adrenalina surrenale per affrontare situazioni di aggressione o di fuga, o di prolattina per preparare all'allattamento.
Gli ordini della pineale nascono dal centro del cervello, dalla vita psichica intesa nel senso più ampio.
Cartesio aveva visto in qualche modo straordinariamente giusto, quando additò in questa ghiandola il «punto di unione» fra l'anima e il corpo, inteso come una macchina.
Non si tratta dell'anima, ma della psiche sì: il mondo dei sentimenti e della interpretazione degli eventi che ci accadono, il nostro vissuto.
L'effetto del «vissuto» nella sregolazione del sistema immunitario dovrebbe essere comunemente noto.
 

Dopo la morte di una persona cara, un fallimento negli affari o una sconfitta esistenziale è più facile ammalarsi di qualunque malattia, dall'influenza al cancro.
Enzo Tortora sviluppò il tumore dopo l'ingiusto e clamoroso arresto, che visse ovviamente come il crollo di tutte le sue prospettive vitali, di successo, di carriera.
Esistono casi opposti.

Solgenitsin fu rilasciato dal gulag quand'era ormai terminale per carcinoma gastrico: va a morire a casa, gli dissero i carcerieri sovietici.
Lo stesso giorno della sua liberazione ascoltò per radio la notizia della morte di Stalin: il suo cancro scomparve, una remissione che Solgenitsin ha sempre considerato come un dono del Cielo da ripagare con l'assunzione di un compito a cui dedicare il resto di vita donatogli: «dire la verità» sull'impero della menzogna comunista.
Un inglese, che mi pare si chiamasse Chichester, si vide diagnosticare il cancro a sessant'anni: anzichè sottoporsi docile alla chemio, decise di dedicare quel tanto di vita che gli restava a fare la cosa che aveva sempre desiderato, ma mai potuto fare: esperto velista, intraprendere una traversata oceanica solitaria.
Ha guadagnato diversi record come navigatore, ha ricevuto il titolo di Lord, è morto a ottant'anni. Non di cancro.
Ho il vago ricordo di un medico italiano, il dottor Moricca, che aveva una sua cura palliativa contro i dolori del cancro: con un lungo ago, iniettava morfina direttamente nell'amigdala della pineale, e alla fine iniettò alcol puro.
Così «euforizzata» la ghiandola centrale, otteneva non solo la remissione dai dolori cancerosi (anch'essi misteriosamente atroci, «centrali») ma talora la riduzione delle masse tumorali, purtroppo solo in modo transitorio.
Moricca fu poi incarcerato per presunte malversazioni.
Della persecuzione giudiziaria e mediatica di Di Bella non è nemmeno il caso di parlare.
La sua cura è stata fatta passare come quella di uno stregone che suscitava false speranze.
Ora scopro che l'attività dell'epifisi è inibita da una lunga e forte illuminazione: l'ormone inibitore prodotto è la melatonina, responsabile dell'abbronzatura ma anche della maturazione sessuale.
E la melatonina è parte del cocktail di farmaci del metodo Di Bella.
La pineale produce l'ormone della crescita (GH, Growth Hormone); Di Bella usava nel cocktail la «somatostatina», l'inibitore del GH, ragionando che il cancro proliferante è un fenomeno di crescita da contrastare. 
Uno stregone?


Il diktat di Rosy Bindi cita «la affermata mancanza di ogni fondamento scientifico documentato del metodo Di Bella», affermata da enti ufficiali come la Commissione Oncologica, la Commissione Unica del Farmaco, il Consiglio Superiore di Sanità.
In realtà, basta spulciare la letteratura medica in inglese per scoprire decine di migliaia di rapporti (3), indipendenti e stranieri, che segnalano chi l'efficacia dellasomatostatina, chi della melatonina, chi della vitamina E ed A, della inibizione della prolattina (altro ormone pineale), chi dell'uso combinato di queste sostanze nel contrastare il cancro.
E il cocktail Di Bella era appunto un mix mirato di queste sostanze.
Non posso dire, non essendo medico, quanto funzioni il metodo Di Bella nei dettagli: ma nel complesso, è certo che è retto dalla teoria che la scienza sta formando, la teoria sulla natura «centrale» e pineale del cancro, della sregolazione dei finissimi processi del sistema immunitario e ormonale.
Nella letteratura scientifica seria, tali processi vengono più esattamente definiti «neuro-immunitari», «neuro-ormonali», per indicare come essi dipendano in ultima analisi, a cascata, dal sistema nervoso centrale e spinale.
Ancor più precisamente, credo si dovrebbe parlare di sistemi «psico-immunitario» e «psico-ormonale», per indicare meglio come la capacità e «attenzione» del sistema immunitario nell'aggredire batteri e cellule «estranee» e maligne sia governata, profondamente, dal vissuto psichico del paziente, conscio e inconscio.
E' la tesi centrale del dottor Hamer, come noto.
Egli stesso colpito da cancro testicolare dopo la tragica uccisione del figlio, colse la natura «simbolica» della sua patologia.
Quasi che l'organismo paterno urgesse a produrre una seconda nascita.
Il sistema immunitario-ormonale, nella sua cieca sapienza, preparava le gonadi ad una seconda filiazione?
Per Hamer, l'organismo produce incessantemente, nella riproduzione cellulare continua (le cellule vecchie del corpo sono continuamente rimpiazzate da nuove), «errori» di copiatura che sono potenzialmente tumori: ma di norma questi errori vengono prontamente eliminati dal sistema immunitario, fagocitati, ordinatamente uccisi con l'apoptosi, che non lascia residui marcescenti.
Ma quando l'uomo vivente è travolto da una situazione esistenziale disperata, che lo prende «in contropiede» e di cui non vede lo sbocco, il sistema immunitario sofferente per lo stress trascura i segnali, non sente più come «estranee» le cellule sbagliate.
Stregoneria?


Io stesso ho avuto, personalmente, un'esperienza simile: un neo sul torace che, in coincidenza con una mia situazione esistenziale di chiusura, prese a crescere, mutar colore e infiammarsi, comportarsi insomma come un melanoblastoma incipiente.
Il medico di base si preoccupò a vederlo, ordinò subito una biopsia.
Devo ringraziare la burocrazia sanitaria che mi diede appuntamento di lì a vari mesi.
In attesa, cominciai a circondare il mio allarmante neo con un circolo fatto con una penna a sfera rossa.
Ogni mattina ricalcavo il circoletto.
In poche settimane il neo divenne peduncolare, cessò di essere dolente, e infine si staccò spontaneamente.
Ero stato semplicemente fortunato, di sicuro.
Ma l'idea me l'aveva data un caro medico, Luigi Oreste Speciani, forte sostenitore della natura psichica-centrale del cancro, da gran tempo defunto.
A suo tempo l'avevo intervistato, e lui mi aveva parlato di metodi apparentemente magici con cui certe fattucchiere rurali curavano la verruca: malattia non grave, ma invalidante per certi mestieri (chi è colpito da verruca non può, per esempio, fare il macellaio, per non infettare le carni), e malattia che la medicina moderna non sa curare, perché è virale e dunque non risponde agli antibiotici.
Le vecchiette sapienti ordinavano al verrucoso di raccogliere foglie di un certo albero che presentassero analoghe verruche; tante foglie verrucose quante erano le verruche presenti sul corpo del paziente; e di andarle a seppellire - pronunciando formule, o preghiere - in un sentiero da cui non sarebbe mai più dovuto passare.
Le verruche sparivano.
Secondo Speciani, il rituale serviva a suggestionare la psiche e, con ciò, a richiamare l'attenzione del sistema immunitario su quelle escrescenze estranee, in modo che le combattesse.
Naturalmente, Speciani aggiungeva che il cancro è ben più grave della verruca virale, ben più profondo il dolore che esprime, ben più «centrale» e ribelle alle cure.
Fece l'esempio dell'uomo che fu san Francesco.
Questo figlio di papà e ricco mercante che ad un certo punto non riesce a dare più un senso alla vita che conduce, ricca agiata e cavalleresca, mostra tutti i sintomi della più grave depressione.
Secondo Speciani, se avesse continuato quella vita, avrebbe sviluppato il tumore.
Ma il medio evo cristiano offriva la via d'uscita a chi non sa più che farsi della sua vita, che la sente come prigione soffocante: la via della rinuncia, dell'affidarsi a Cristo, la liberazione.
Francesco si denudò in pubblico dei ricchi abiti datigli dal padre; oggi, questo gesto l'avrebbe portato al trattamento sanitario obbligatorio (TSO), al reparto psichiatrico del Pronto Soccorso. Invece, il vescovo lo coprì con il suo mantello.
Francesco non ebbe il cancro; ebbe le stigmate, che sono il segno di ben altra nascita.


Speciani era convinto che troppi uomini, nel borghese mondo moderno, continuano a tirare avanti con modi di vita che intimamente vivono come vicoli chiusi e senza sbocco, per un borghese senso del dovere che è disperazione.
E che l'esponenziale crescita dei tumori nella modernità fosse dovuto a questo.
La cultura corrente, secolarizzata e materialista, ci intima di continuo che la sola plausibile felicità è nel benessere, nelle ricchezze e nei godimenti che Francesco rifiutò; che non c'è altro da cercare. Che è inutile cercare «lo scopo della mia vita», dato che tutto l'universo è un cieco macchinismo senza scopo né significato alcuno.
Che non c'è «liberazione» estrema, possibile solo verso l'alto, tornando ad «essere se stessi».
«Conosci te stesso» - ossia fa finalmente con coraggio quello che vuoi «tu», non quel che vuole per te la società corrente, il ruolo che ti ha assegnato, la pubblicità o il comune sentire imperante - è la prima terapia per Speciani.
Ma se il «conosci te stesso» ti urge verso l'alto, quella strada è chiusa.
Non è prevista.
Non è insegnata se non come «sacrificio», assurdo, irrazionale, in fondo, folle. (4)
Il «tu» profondo, tacitato, cerca una cieca via d'uscita nell'organico, nell'uomo incarnato che è corpo-anima: la rinascita impedita viene intrapresa, dal cieco-sapiente sistema immunitario, con una tentata «rinascita» corporale, la formazione di un nuovo embrione, di un feto abnorme.
Esso lascia che le cellule comincino a moltiplicarsi tutte eguali - esattamente come fa la natura nelle prime fasi embrionali, quando il futuro essere umano è solo un grumo di cellule non ancora diversificate, una blastula, una morula - e questa rinascita, è cancro.
Una rinascita profondamente voluta da tutto l'essere, ma solo intrapresa per la via sbagliata: la carne, anziché lo spirito.
Diceva Speciani: «Non sapremo mai quanti cancri sono evitati da una buona e profonda confessione col prete, dal pregare e dal perdonare, dal sereno affidarsi a Dio, dal 'sia fatta la Tua volontà'».
Non so se avesse ragione.
Non so quante guarigioni possono statisticamente vantare Di Bella e Hamer.
Ma so che se avrò il cancro, rifiuterò la chemio.
E prima, proverò la loro «stregoneria», che è aperta all'ascolto profondo della psiche.
In ogni caso, non peggiorerà la mia situazione.
Rosy Bindi, le case farmaceutiche che dalla chemioterapia obbligatoria guadagnano profitti enormi, e Veronesi, questo amputatore di peni (o di mammelle, pancreas, fegati, polmoni) mi sembrano sempre più i bin Laden dell'oncologia: ossia chedeliberatamente avvelenano decine di migliaia di pazienti, e non perché credano che la loro terapia funzioni ed abbia valide basi scientifiche - lo sanno, anche loro conoscono la letteratura medica sulla pineale - ma per mantenere il loro potere e lucro.


Come Bush, sono pronti ad ammazzare i loro concittadini a migliaia nelle Twin Towers della farmacopea, per continuare ad affermare un materialismo semplicistico a cui devono il loro potere.
Questo semplicismo è, tra l'altro, l'estremo effetto collaterale del darwinismo: se infatti si crede che l'uomo ed ogni essere vivente sono frutto del cieco caso, è ovvio che si sottovaluti il finalismo sapiente dei processi immunologici.
Questi processi così raffinati e così olistici - che ci mantengono sani non «localmente», ma nella integralità del composto psiche-corpo - non sono opera del caso.
Ogni secondo, ogni ora, governati dal «centro» della pineale (5), essi controllano la «funzionalità di tessuti, parenchimi, endoteli, crasi ematica, dinamica midollare», preservano «l'integrità delle membrane cellulari, nucleari, del citosol e del carisol dai processi ossidativi», sui «canali ionici» e sui «recettori»: tutta la raffinata complessità molecolare infinita e precisissima della funzione vitale, a livello ultramicroscopico, e che meraviglia chiunque; chiunque non si sia volontariamente ridotto al grossolano meccanicismo evoluzionista.
Ovviamente, costoro interferiscono con mezzi brutali e grossolani - veleno chimico, estirpazione chirurgica, fuoco radiattivo - su affezioni che credono, grossolanamente, locali e altrettanto brutalmente meccaniche.
Che il cancro possa essere un grido proveniente dal centro dell'anima disperata, non lo considerano «scientifico».
Ed è ovvio che costoro non si appellino alla scienza, ma al potere: il potere omicida dei nostri politicanti, che emana a loro favore leggi omicide.

Maurizio Blondet


Note
1) Giuseppe Di Bella, «Il Metodo Di Bella», II Edizione.
2) La mandorla (amigdala) è un potente simbolo primordiale, attestato non solo dalle selci amigdaloidi dell'uomo neolitico. Nella tradizione ebraica, il seme da cui il corpo rinascerà nella resurrezione è contenuto in un durissimo osso imputrescibile chiamato Luz (mandorla) e immaginato posto alla base della spina dorsale, dove i Tantra indiani pongono kundalini. Luz è anche il nome antico di Bethel, il luogo in cui «Dio apparve a Giacobbe» che dormiva con la testa su una pietra sacra, e dove vide in sogno la scala ascendente verso il cielo. La Vergine è spesso ritratta dentro una forma amigdala.
3) Una ricerca effettuata nel 2004 sul sito della National Library of Medicine (www.nlm.nih.gov) ha trovato oltre 35 mila pubblicazioni su questa linea di ricerca: 318 sull'effetto della melatonina nella terapia tumorale, 1.582 sui retinoidi (vitamina A), 819 sulla vitamina E, 2.817 sulla somatostatina in oncologia, 1.504 sulla bromocriptina, un altro inibitore dell'ormone della crescita. Veronesi probabilmente non ha tempo di spulciare tale letteratura (deve andare in TV) ma i suoi allievi lo fanno sicuramente.
4) Singolare il rapporto fra tumore e follia: gli schizofrenici sono esenti da tumore, non sviluppano mai il cancro. Quasi che la malattia centrale si manifestasse nello psichico anziché nell'organico.
5) Speciani parlava di un «Organizzatore», di un invisibile ingegnere che detiene i disegni e i lucidi della costruzione del corpo, e sorveglia la rigorosa applicazione del programma ingegneristico. L'embrione, inizialmente si comporta come un cancro - proliferando cellule tutte uguali a se stesse. Ma ben presto le cellule cominciano a diversificarsi per diventare fegato, pancreas, unghie, endoteli, epiteli… per Speciani il processo «normale» è il primo, la proliferazione cancerosa (che è il modo in cui si moltiplicano i microrganismi unicellulari, le colonie batteriche); il processo di diversificazione non è normale, non è statisticamente ciò che deve avvenire.
E' un processo governato da qualche intelligenza che «ha i lucidi» dell'organismo compiuto.


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