Casi clinici tratti da "Congresso di Milano - 2005"

Dott.ssa Elisabetta Angelini

ASPETTI STORICI DEI LNH

La storia dei LNH inizia nel 1832, quando Thomas Hodgkin descrive una malattia che sarà chiamata nel 1865 “Malattia di Hodgkin”.
Nei primi anni del nostro secolo, Dreschfeld e Kundrat coniarono il termine di “linfosarcoma” e Ewing descrisse due tipi di linfosarcoma: uno a piccole cellule, l’altro a cellule tonde e larghe (reticolosarcoma). Dal 1925 al 1927 Brill e Symmers descrissero entrambi un tipo follicolare o nodulare di linfoma, che era molto sensibile alla RT. Nel 1926, quasi 100 anni dopo la descrizione di Hodgkin della nuova malattia, Fox riesaminando 7 dei preparati bioptici, originariamente studiati da Hodgkin, trovò che 3 erano realmente linfomi di Hodgkin, 3 erano certamente LNH ed 1 era “sconosciuto”. Nel 1958 Burkitt descrisse un cara tteristico linfoma infantile diffuso in Africa, la cui manifestazione era associata alla presenza del virus di Epstein-Barr (EBV). Fin dall’inizio fu difficile porre ordine nella terminologia e nella classi ficazione dei LNH, cosa questa causata dall’esistenza di vari sottogruppi distinti e sono trascorsi 100 o più anni prima che si desse inizio al processo di riorganizzazione, tuttora in corso. Nel 1956 Rappaport propose un sistema di classificazione istopatologica dei LNH, che modificò prima nel 1966 e di nuovo nel 1976. Questo sistema si basa sull’architettura dei linfondi, nodulare o diffusa, e sulla citologia cioè morfologia del tipo cellulare. Nel 1974 furono proposti almeno 4 nuovi sistemi di classificazione istopatologica:
  • il sistema di Lukes-Collins basato sull’origine delle cellule neoplastiche dai linfociti B o T;
  • il sistema di Dorfman;
  • il sistema di Kiel: raggruppa le classi dei linfomi nei 3 gradi di malignità basso, intermedio ed alto;
  • il sistema di Bennet.
Di recente il tentativo di unificare i vari sistemi ha dato vita ad una Formulazione Internazionale Operativa (Working Formulation) ad uso clinico, che si basa per prima cosa sul grado di malignità e poi sulla morfologia cellulare. I LNH sono tumori maligni che originano da una singola cellula “trasformata”, cioè sono proliferazioni monoclonali del tessuto linfatico. I linfociti interessati dal processo neoplastico possono esprimere il fenotipo di membrana di tipo B (più frequentemente) o di tipo T, oppure possono esprimere antigeni tipici di una certa  fase maturativa di una delle linee linfoidi. Inoltre, nell’ambito della popolazione T, il quadro morboso può essere sostenuto da un sottotipo piuttosto che da un altro; per es. dai T “helper” o dai T “suppressor”.
Infine l’evento neoplastico può consentire una normale differenziazione fino al linfocita B più maturo.
Va inoltre precisato che erroneamente viene considerato LNH il “linfoma istiocitico vero” che non ha una istogenesi linfoide bensì monocito-macrofagica e quindi mieloide.

Incidenza
Globalmente l’incidenza dei LNH è in aumento in varie parti del mondo, sembrano triplicati nell’ultima decade negli Stati Uniti, con un incremento annuale del 3,5% nelle persone di età superiore a 25 aa, in parte quale conseguenza dei progressi realizzati nella diagnosi. In generale si manifestano tra la quinta e la sesta decade, anche se esistono delle eccezioni riguardanti le singole entità clinico-morfologiche. Infatti sia il linfoma linfoblastico a cellule convolute che il linfoma di Burkitt si manifestano quasi esclusivamente nei primi 15 anni di vita. I LNH sono sempre più frequenti nei maschi ( M/F è 1,4:1).

Epidemiologia.
Il linfoma di Burkitt è endemico nell’Africa tropicale e nella Nuova Guinea dove è stato trovato associato alla malaria cronica. Anche se attualmente tale linfoma, sporadicamente, viene individuato in quasi tutte le parti del mondo. Negli USA sembra siano più frequenti i linfomi a struttura follicolare. In Italia e nel bacino mediterraneo prevale ancora il linfoma con struttura diffusa, anche se sono in aumento i linfomi follicolari.
L’agente eziologico dei LNH rimane tuttora sconosciuto. In alcuni linfomi è stata prospettata l’eziologia virale: per esempio il virus di Epstein-Barr nel linfoma di Burkitt. Osservazioni recenti suggeriscono che il EBV eserciterebbe un ruolo importante nella patogenesi dei LNH di tipo B che si sviluppano nelle immunodeficienze congenite ed acquisite, in particolare ai pazienti sottoposti a trapianto d’organo o affetti da AIDS.
Nell’ultima decade è stato possibile dimostrare nell’uomo il primo legame tra un retrovirus esogeno ed un linfoma particolare a cellule T. Questo virus è stato chiamato HTLV-I (Human T-cell Leukemia/lymphoma Virus).
L’associazione fra trattamenti immunosoppressori prolungati (per esempio dopo trapianto renale e cardiaco) e l’incidenza di alcuni linfomi ad alto grado di malignità è compatibile con la teoria dell’eziologia virale o di un difetto immunologico indotto che consente la proliferazione di un clone maligno. È stato segnalato un aumento di incidenza di alcuni LNH nei pazienti trattati con determinati farmaci antiproliferativi (es. alchilanti) per malattia di Hodgkin ed altre malattie non neoplastiche (es. artrite reumatoide, LES, malattie renali croniche etc).
Recentemente alcuni ricercatori hanno avanzato un forte sospetto nei confronti dei pesticidi utilizzati nell’industria dei cereali e di alcuni erbicidi, in quanto sembra che i contadini i quali abbiano usato questi prodotti abbiano un maggior rischio di sviluppare un LNH.
I LNH comprendono forme di tumore sia acute che croniche.
Le forme croniche sono costituite dai LNH a basso grado, mentre le forme acute sono composte dai gruppi a medio ed alto grado della Working Formulation.
Il LNH rispetto al LH è una malattia più aggressiva e più difficile da definire in termini di diffusione anatomica e di prognosi. Inoltre si diffondono rapidamente per via ematica a regioni linfonodali distanti e/o a sedi extralinfonodali: midollo osseo, fegato, polmoni, cute. In altre parole, questi linfomi presentano un decorso clinico abbastanza sovrapponibile a quello dei carcinomi.

LNH a basso grado di malignità o a prognosi favorevole.
Questi LNH hanno un andamento clinico sul tipo di una malattia cronica con un decorso naturale indolente, caratterizzato da recidive ricorrenti nella fase tardiva, dalla localizzazione limitata ai linfonodi, al fegato e al midollo osseo e da una età media alla diagnosi tra la quinta e la sesta decade. I pz si presentano di solito con una linfomegalia periferica, progressiva e asintomatica, che può essere voluminosa o aumentare di dimensioni lentamente, speso può esere concomitante l’interessamento del midollo osseo. Gli attuali presidi terapeutici in uso (chemio e radio terapia) non modificano in maniera significativa il decorso naturale dei LNH a basso grado.I LNH a “prognosi favorevole” per la maggior parte non esitano in guarigione: il termine “prognosi favorevole” si riferisce, infatti, alla durata della sopravvivenza e non al conseguimento di una guarigione definitiva.

LNH a medio ed alto grado di malignità o a prognosi sfavorevole.
Questi tipi di LNH hanno invece un decorso acuto-subacuto e più o meno ralidamente evolutivo. Spesso il quadro clinico alla diagnosi comporta uno stadio sintomatico avanzato, inoltre l’infiltrazione del SNC è più frequente che nei LNH a basso grado.
Sebbene la durata di sopravvivenza mediana sia inferiore ai 2 anni, la percentuale di risposta alla terapia è alta, con una frequenza di “guarigione” per alcuni tipi del 30-40%. Contro ogni aspettativa, il decorso naturale dei LNH a prognosi sfavorevole è molto influenzato dal conseguimento di una RC: il paziente può guarire se risponde ad una terapia aggressiva.
CASO CLINICO
Il caso clinico che andremo ad esporre è per l’appunto un LNH a basso grado di malignità o cosiddetto “a prognosi favorevole”.
È una donna che ha attualmente 47 anni, all’esordio della malattia aveva 38 anni. La signora non aveva né una familiarità neoplastica né patologie degne di nota. Aveva sempre goduto di a.b.s. fino all’Ottobre del 1996 quando comparve una tumefazione latero-cervicale Dx non dolente, che inizialmente fu trascurata dalla pz. Il medico di famiglia fece eseguire dei comuni esami emato-chimici con esito negativo. La paziente nel frattempo accusava astenia e sudorazioni notturne. La tumefazione continuava ad aumentare di volume, senza peraltro arrecare alcun dolore o fastidio, ed a distanza di alcuni mesi, siamo ormai a Marzo–Aprile del 1997, il medico di famiglia fa eseguire alla paziente un tampone faringeo che risultò positivo per Streptococco beta emolitico.
La paziente eseguì terapia antibiotica per circa 15 gg, ma la tumefazione non accennava a diminuire. Nell’Ottobre del 1998, finalmente la paziente esegue una ecografia del collo.

Ecografia 25 Ottobre 1998:
“Presenza di vistosa linfoadenomegalia delle catene laterocervicale, anteriore e posteriore bilateralmente. A Dx il linfonodo di maggior volume si trova posteriormente e misura circa 1,5 cm. A Sn il linfonodo di maggiori dimensioni si trova in sede sottoangolomandibolare e misura circa 2,5 cm.”
Nel Novembre eseguì presso l’Azienda Ospedaliera di Livorno USL n°6 l’asportazione di uno dei linfonodi laterocervicali Sn per effettuare un esame istologico, dal quale risultò quanto segue:

Es istologico: data prelievo 08/11/1997:
Linfoma non Hodgkin di origine cellulare B a basso grado di malignità, linfoplasocitoide (Real class.), immunocitoma (Kie l class.), piccoli linfociti plasmocitoidi (W.F. class)”
Dopo tale diagnosi la pz si rivolse all’Istituto di Ematologia dell’Università di Firenze, dove le venne richiesta una TC total-body ed un puntato midollare, eseguiti entrambi presso la ASL 6 di Livorno.

Biopsia midollare del 04/12/1997:
“Prelievo adeguato. Cellularità 80%. È presente un cospicuo ed importante infiltrato di cellule linfoidi di piccola taglia ad abito linfoplasmocitoide. Il referto è compatibile con infiltrazione midollare di LNH a basso grado di malignità.”

Tac 10/12/1997:
“ ...Assenza di adenopatie mediastiniche e broncopolmonari. ... Riscontro di alcuni linfonodi del diametro inf. o pari al cm, localizzazione periaortica, a vario livello.” Le fu chiaramente consigliato di iniziare un ciclo di chemioterapia, che la pz. rifiutò di eseguire.

La fine del 1997 fu l’inizio del caso Di Bella e la pz si rivolse ad un medico che prescriveva tale terapia e precisamente al dott. Semisa, il quale le prescrisse il protocollo che venne iniziato a fine Gennaio 1998. A Marzo 1998 vi è già una riduzione dei linfonodi.

Ecografia 02/03/1998:
“...A dx il linfonodo laterocervicale posteriore misura circa 12 x 8 mm. Altro linfonodo sottoangolomandibolare dx 15x 7 mm. A Sn il linfonodo sottoangolomandibolare misura circa 1,5 x 1 cm. Altro linfonodo in sede laterocervicale bassa di circa 12 x 8 mm. Conclusioni: linfoadenomegalia bilaterale lievemente ridotta rispetto al controllo precedente.”

A Maggio 1998 vi è una ulteriore diminuzione fino ad un cm di diametro. Visti i risultati la pz riduce la terapia. Pur a terapia ridotta la lifoadenopatia continua a ridursi di dimensioni , seppure lentamente e l’ecografia di Luglio conferma.

Ecografia 02/07/1998:
“...in sede sottoangolomandibolare di Dx formazioni linfonodali di 11,4 x 7,4 mm e laterocervicale posteriore di 10,4x 2,3 mm. A Sn in sede sottoangolomandibolare di 10,4x 4,7mm e laterocervicale inf. di 10,9x 5,5mm.”
A Luglio esegue un’altra Tac del torace e dell’addome:

Tac 06/07/1998:
“L’esame odierno non evidenzia sostanziali modificazioni nei confronti del precedente esame eseguito in data 06/12/1997. Permangono sostanzialmente sovrapponibili le piccole tumefazioni linfonodali in sede periaorica ed interaortocavale già segnalate.”

Il 13/08/1998 esegue una biopsia osteomidollare: “...Infiltrazione midollare nodulare di LNH di basso grado. Rispetto al controllo precedente i noduli sono di dimensioni minori e non confluenti.”  La pz riduce ulteriormente la terapia.

Ecografia 19/09/1998:
“L’ecografia del collo sembra lasci individuare rari linfonodi di cui uno profondamente indovato a Dx. ed un altro più modesto in sovraclaveare Dx. Controlateralmente sembra identificabile in sovraclaveare un linfonodo del diametro di 1 cm che sembra dimostrare guscio calcifico.”

Nel frattempo il dottor Semisa viene a mancare e la pz rimane senza una guida medica.

Il 2 Novembre 1998 Ecografia:
“L’ecografia della regione del collo non consente di identificare oggi segni di impegno delle stazioni linfonodali.”

La paziente a questo punto sospende del tutto la terapia. Dopo tale sospensione, già dalla fine di dicembre la pz nota un graduale aumento dei linfonodi laterocervicali. A Gennaio 1999 la paziente, chiaramente, e direi a ragione, spaventata della nuova situazione venne a visita nel mio studio. Le condizioni cliniche erano le seguenti: presentava una evidente linfoadenomegalia laterocervicale bilerale, e lamentava nuovamente l’astenia dell’esordio della malattia e la sudorazione notturna che, mi riferì la paziente, con l’inizio della terapia erano scomparse totalmente.
Prescrissi una nuova biopsia osteomidollare, esami ematochimici, una ecografia del collo, ed una Tac total-body.

La Tac, eseguita a fine Gennaio, risultò essere negativa per la patologia.

Il 23/01/1999 eseguì la biopsia osteomidollare:
“Infiltrazione nodulare midollare da LNH a piccoli linfociti B. La revisione dei precedenti prelievi, mostra una ridotta infiltrazione tra il primo ed il secondo, mentre mostra una stazionarietà attuale della patologia rispetto all’ultimo prelievo.”

Il 3/02/1999 esegue l’ ecografia:
“ ...il linfonodo dell’angolo mandibolare Dx misura 15 x 7mm. Il linfonodo laterocervicale posteriore circa 12 x 4mm. Il linfonodo laterocervicale medio-superiore 10 x 4 mm. A Sn il linfonodo dell’angolo mandibolare misura 14 x 8 mm, in sede più bassa il linfonodo maggiore misura 11x 4mm. Conclusioni: quadro sostanzialmente invariato rispetto al precedente

controllo di Marzo 1998.”
A distanza di quasi tre mesi dalla sospensione completa della terapia la paziente era tornata ad avere un quadro clinico oggettivo e soggettivo quasi sovrapponibile a quello di partenza.
Reintrodussi la terapia a dosaggio pieno e dopo 20 gg dall’inizio della stessa, la pz mi informò che le tumefazioni laterocervicali si erano lievemente ridotte, le  sudorazioni erano scomparse e l’astenia notevolmente migliorata.

Il 17/03/1999 facemmo una nuova ecografia di controllo:
“A Dx il linfonodo dell’angolo mandibolare misura circa 11x 6 mm, il linfonodo laterocervicale posteriore misura circa 9x 6 m, il linfonodo dell’angolo mandibolare di Sn misura 13 x 6mm, il linfonodo in sede più bassa circa 8 x 3mm. Conclusioni: quadro migliorato rispetto al precedente controllo del 3/02/1999”

Il 17/07/1999 feci ripetere la biopsia midollare: “Prelievo adeguato. Cellularità 60%.
Rispetto al prelievo precedente del Genn. 1999, si nota ulteriore diminuzione in numero ed ampiezza degli infiltrati nodulari. Lieve aumento della trama reticolinica anche in aree dove presenti gli aggregati”
Obiettivamente la paziente era in buone condizioni fisiche: le sudorazioni erano ormai scomparse da svariati mesi, e non lamentava più neanche l’astenia, anzi aveva iniziato a praticare attività sportiva. Le ecografie del collo effettuate successivame nte ad Ottobre 1999 e Febbraio 2000 rilevarono solo una lieve riduzione dei linfonodi, ma sostanzialmente una stazionarietà della situazione.

Mentre la biopsia midollare eseguita il 28/01/2000 evidenziava:
“Prelievo ottimale. Cellularità 70%. Serie emopoietiche normorappresenate, normomaturanti. Midollo osseo normocellulato normomaturante con infiltrazione micronodulare da LNH di basso grado.”
Anche le ecografie del collo eseguite nel 2000 non mostrarono grandi variazioni , se non delle lievi riduzione di volume.

Il 16/01/2001 esegue una nuova biopsia midollare:
“Prelievo ottimale con cellularità del 45% a distribuzione omogenea. Serie eritroide e mieloide leggermente ipoplasiche normomaturanti. Serie megecariocitica normorappresentata normomaturante. Linfociti presenza di un aggregato linfoide reattivo. Riserve di ferro nella norma. Trabecole ossee a normale morfologia. Quadro morfologico di midollo nei limiti della norma”

Una ulteriore biopsia midollare eseguita il 29/01/2002 conferma la stazionarietà del quadro midollare.
Le ulteriori ecografie del collo rilevano una graduale diminuzione delle dimensioni dei linfonodi fino alla totale scomparsa rilevata nel Settembre 2004.
Attualmente i linfonodi laterocervicali non sono più palpabili, ed all’ecografia, eseguita a Settembre 2005, residua una micropoliadenia di 5-6 mm di diametro.
Un ultima biopsia mi dollare eseguita a Gennaio 2005 conferma ulteriormente un quadro midollare nella norma.
Le Tc eseguite fin dall’inizio hanno sempre mostrato una negatività del quadro polmonare,epatico e splenico.
Gli esami ematochimici, che non ho riportato pernon tediare la platea, sono sempre risultati nella norma, tranne qualche lieve flessione dell’emocromo dovuta all’assunzione del ciclifosfamide.
Le condizioni generali della paziente sono sempre state buone, ha condotto una vita normale, non si è mai dovuta assentare dal lavoro a causa della malattia, non solo, ma avendo dei genitori anziani, la pz ha nascosto loro la malattia da cui era affetta, e tuttora ignorano che la figlia sia stata malata.
Abbiamo iniziato a ridurre gradualmente la terapia da circa un anno.

Tutte le biopsie osteomidollari sono state eseguite presso la ASL n°6 di Livorno. Le ecografie del collo del 1997 e 1998 sono state eseguite sia alla ASL di Livorno che presso uno studio privato: poiché i risultati erano sovrapponibili la pz ha continuato ad effettuarle presso lo stesso studio privato. I referti riportati del 1997 e 1998 sono della ASL.