Un significativo  e “ profetico” articolo sul Metodo Di Bella, del 02.11.1997:

ARTICOLO DE “IL TEMPO” 02.11.1997 PAG.10
Il Confronto  “La crociata di Di Bella contro il cancro e i sistemi di cura superati

 

Lo storico tedesco Hans Delbrueck, analizzando la storica sconfitta dell’esercito prussiano ad opera di Napoleone presso Jena nel 1806 concluse che aveva perduto la battaglia non perché non fosse più l’esercito di Federico il Grande, ma perché continuava ad esserlo.
Mi è venuto in mente questo aforisma pensando il rischio che sta correndo l’oncologia italiana, non perché non sia la illustre oncologia italiana, ma perché continua ad essere pervicacemente ancorata a sistemi terapeutici ormai superati e rifiuta qualsiasi seria novità che si prospetta nel campo della lotta contro i tumori.
Tempo fa ho letto l’articolo di Altomare su l’Unità dell’ 8-8-97 relativo al Prof. Luigi Di Bella e al suo protocollo terapeutico DB contro i tumori. L’illustre medico modenese aveva fornito, sia pure succintamente, una spiegazione scientifica del suo protocollo e illustrato le reazioni dei vari farmaci da lui prescritti per cui c’era da aspettarsi da qualche rappresentante dell’oncologia ufficiale una confutazione scientifica di tale spiegazione, come si conviene quando si seguono teorie diverse e opposte. Per questo motivo mi stupì l’intervento dell’oncologo Leonardo Santi di Genova che nell’articolo di spalla dal titolo “Le solite illusioni a pagamento” – confezionato dallo stesso giornalista – anziché controbattere sul piano scientifico alle dichiarazioni del Prof. Di Bella, era ricorso alle solite frasi “regole uguali per tutti” e addirittura “ai danni morali ed economici” che potevano derivare dal protocollo DB.
A mio parere i lettori avrebbero sicuramente gradito dall’esperto un intervento finalizzato a rassicurarli della bontà dei metodi di cura seguiti da lui o attualmente adottati dall’oncologia italiana e di eventuali prospettive di miglioramenti e non di intervento stereotipato fatto per ritagliarsi un angolo di gratuita pubblicità che, per genuini meriti professionali, non si sarebbe mai guadagnato. Ma l’atteggiamento del predetto oncologo non è un caso singolare e c’è di più. Per trent’anni nessuno ha osato parlare del prof. Di Bella e dei risultati da lui ottenuti nella lotta contro i tumori: qualcuno, quando proprio non ne poteva fare a meno, si limitava a definirlo un isolato. Da qualche anno a questa parte, però, i giornali e la televisione dedicano ampio spazio a questo illustre medico e non sempre nel modo giusto.
Anzi, si ha la sensazione di assistere ad una sorta di battaglia finalizzata a farlo tacere oppure occulte manovre per ritardare il più possibile l’affermazione delle sue terapie. È sufficiente qualche esempio. Nella primavera del 1996 si è assistito al pio tentativo di mettere al bando la melatonina, uno degli elementi fondamentali del protocollo DB, melatonina da lui utilizzata sin dalla fine degli anni Sessanta tanto da essere definito, con giusto merito, il padre della melatonina, perché il primo e unico, in Italia e nel mondo, a sperimentare i suoi superbi ed indispensabili benefici nella cura dei tumori. Quasi a sorpresa viene emanato il decreto legge 25 marzo 1996 n.161 -  un piccolo testo normativo che i tardi giuristi romani avrebbero sicuramente classificato tra i piccoli testi, ossia tra i testiculi – contenente disposizioni urgenti in materia di sperimentazione e utilizzazione dei medicinali, con il quale in sostanza si intendeva mettere fuori commercio unicamente la grande, orgogliosa e preziosa scoperta del prof. Di Bella. Il tentativo naufragò per la pronta e vigorosa reazione dell’associazione nazionale famiglie contro il cancro che, pur essendosi appena costituita era nata con la forza delle persone adulte e serie, e per la massiccia pubblicità di tale prodotto proveniente dall’estero, in particolare dagli Stati Uniti.
L’altro aspetto è rappresentato dall’indecoroso comportamento che alcuni assumono quando sono costretti  a parlare di lui. Caduto il muro del silenzio intorno alla sua nobile figura, alcuni medici e giornalisti hanno ripetutamente confezionato maliziosi articoli col fine esclusivo di screditarlo e farlo apparire uno stregone, un medico nero, un guaritore, un anticonformista, ecc.
L’elenco di questi interventi è abbastanza nutrito per cui mi limito a far cenno al servizio di Giuseppe Gaudenzi sul Corriere Salute dell’ 8-9-97 dal titolo emblematico Cure miracolose o soltanto illusioni? in cui la figura del prof. Di Bella viene accomunata ai vari rimedi «miracolosi» contro il cancro che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi e il cui elenco il buon Gaudenzi attinge, credo certamente su interessato suggerimento, dal libro di Bonadonna e Rubustelli della Cuna, Medicina Oncologica. In questo articolo Gaudenzi, nel presentare la terapia del prof. Di Bella nel solito calderone dei maghi e degli imbonitori, pone a sé, nella speranza di convincere i lettori, queste testuali domande: «Può un ricercatore isolato arrivare dove non riesce l’intera comunità scientifica?» ed «È possibile che d’improvviso un ricercatore isolato riesca dov’è fallita (sic!)…un’armata planetaria di forze scientifiche, tecniche ed economiche?». Queste domande sono poste perché – sono sempre parole di Gaudenzi - «nello studio e nella cura dei tumori sono impegnati, nei laboratori di tutto il mondo, centinaia di migliaia di ricercatori, che godono di finanziamenti per miliardi e miliardi di lire».
Ha ragione Gaudenzi a porsi astutamente questi interrogativi e a meravigliarsi. Alle sue domande si può rispondere in due modi. In primo luogo con una osservazione contenuta nel capolavoro di Vico La maraviglia è figlia dell’ignoranza. Evidentemente Gaudenzi non sa che, fra le tante cose, il prof. Di Bella conosce, avendola insegnata per tanti anni, la fisiologia umana come pochi al mondo e conosce molto bene anche la chimica. Proprio la profonda conoscenza di queste due branche della medicina gli ha consentito di sperimentare e prescrivere un protocollo terapeutico che, nei confronti del male ancora ufficialmente definito incurabile, offre, rimanendo nei limiti estremamente prudenziali, questi risultati: migliora la vita, allunga la vita, spesso guarisce. Sarebbe stato meglio che Gaudenzi, prima di porsi certe domande, si fosse informato sulla cultura e preparazione professionale del prof. Di Bella il quale, quando insegnava all’università di Modena, era conosciuto come il terrore, non degli studenti come si potrebbe pensare, ma dei colleghi, perché li stendeva tutti in tutte le branche del sapere e forse da allora è iniziata l’ostilità nei suoi confronti. In secondo luogo, con una riflessione personale: evidentemente proprio la gestione delle «migliaia e migliaia di miliardi» distoglie la ricerca e l’impegno. Dicevano i romani
«cum magna pecunia homo insanit».
Per concludere, nel citato articolo Gaudenzi, nell’affannoso tentativo di presentare il prof. Di Bella come un guaritore, inconsapevolmente si improvvisa lui stesso guaritore, suggerendo la terapia per «vaccinarsi» dalle cosiddette cure miracolose mediante «il controllo razionale della notizia» e «la verifica delle improbabilità!» (Dio perdoni Gaudenzi!).
La battaglia contro il cancro è una partita che si gioca sulla pelle della gente, con indubbi interessi soprattutto di natura economica, ma anche con riflessi nel campo professionale. Il prof. Silvio Garattini che di recente ha premurosamente tranquillizzato tutti gli italiani sugli effetti cancerogeni dei lassativi senza offrire alcuna spiegazione su coloro che hanno autorizzato e per tanti anni consentito la vendita di tali prodotti, per giunta quotidianamente pubblicizzati in misura impositiva – uno al figlio e due alla mamma – ha elevato un muro contro il protocollo DB, trincerandosi dietro la foglia di fico della mancanza di documentazione e sperimentazione scientifica, dimenticando che i contributi del prof. Di Bella si trovano nei lavori dei più importanti congressi mondiali ai quali ha partecipato negli ultimi trent’anni.
A sua volta il Ministro della Sanità chiede insistentemente le cartelle cliniche dei pazienti pur sapendo che il prof. Di Bella non opera in un ospedale né dispone di una casa di cura; si tratta di una palese scusa, una specie di zuppa preparata dai furbi ma che solo gli stolti mangiano.
Tutto tende a far trascorrere il tempo, a stancare il professore, senza sapere che è nato alle falde dell’Etna e di tale terra conserva ancora tutta la prorompente e vulcanica vigoria. La scoperta del prof. Di Bella non è un fatto episodico, il risultato di un errore di itinerario come la scoperta dell’America, un fatto clamoroso di cui si può pazientemente aspettare la fine come si augura il prof. Francesco Cognetti (vedi Il Giorno del 19-10), ma è il risultato di studi, ricerche e riscontri, una realtà che dura da trent’anni e sempre più raccontata dagli stessi ex pazienti e non dai loro familiari.
È risaputo che colui che predica e pratica la chemioterapia o la terapia radiante è un naturale avversario del protocollo DB come il borsaiolo è necessariamente contrario al nudismo.
Le ragioni si possono cogliere leggendo l’ultimo libro del professore, Il Cancro: siamo sulla strada giusta? , edito dalla Travel Factory di Roma. Questo è l’aspetto più inquietante del contrasto tra la tesi del prof. Di Bella e il sistema terapeutico sinora seguito dall’oncologia italiana. Certamente non è facile accettare, in prospettiva, il superamento della chemioterapia soprattutto in un momento in cui alle porte di Milano si spendono cento miliardi per la costruzione di un impianto di adroterapia che, però, secondo le dichiarazioni degli stessi sostenitori, fa meno male della chemioterapia.
Non ci rimane che aspettare.
Nel frattempo ho la personale sensazione che l’illustre scienziato milanese, recentemente premiato, che da anni annuncia e puntualmente rinvia la vittoria sul cancro dovrà quanto prima annunciare la grande scoperta del prof. Luigi Di Bella.
Quel giorno, tutti coloro che hanno perfidamente avversato la terapia di questo medico e ritardato i suoi indubbi benefici e vantaggi, dovranno vergognarsi e chiedere perdono, non al prof. Di Bella che personalmente disdegna atti del genere, ma ai familiari delle innumerevoli vittime che nel frattempo sono state immolate sull’altare della difesa di un sistema terapeutico ormai superato.
Infine, al giornalista che, in giro per il mondo, ha intervistato tutti, perfino gli eschimesi, mentre non ha mai sentito il bisogno di conoscere e far conoscere qualcuno che valeva la pena di conoscere, consiglio di conservare bene la fronte perché quanto prima dovrà batterci la mano e dire «Tòh! dimenticavo!».

Avv.  LUIGI MELE