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Fu nel 1997 che scoppiò una feroce polemica sull’efficacia del metodo Di Bella per combattere il cancro. Da un lato c’erano coloro che usavano questa terapia alternativa per il trattamento dei tumori e beninteso, il medico emiliano Luigi Di Bella che ne era l’ideatore, e dall’altro le istituzione mediche ufficiali, a cominciare dall’allora ministro Rosy Bindi, che consideravano il trattamento privo di riscontri scientifici circa i suoi fondamenti e la sua efficacia. Il caso scoppiò con veemenza dopo che alcuni pretori, accogliendo le istanze dei malati, imposero la somministrazione della cura. Ora però, a distanza di 17 anni da quelle polemiche, la cura Di Bella è diventata la seconda cura antitumorale d’Italia. La prima è quella erogata dal servizio sanitario nazionale. Lo studio del figlio del medico inventore, il dottor Giuseppe Di Bella, è sempre affollato. Sono migliaia i pazienti curati con questo metodo. La terapia è sempre la stessa: un cocktail di somatostatina, di octreotide, vitamine A C D E, melatonina, calcio e molto altro ancora. “Ci sono anche ottimi risultati – dichiara l’avv. Ottaviano – ma il guaio è che la cura è cara e non tutti se la possono permettere”, tanto che alcuni tribunali, di Lecce, di Lucca e altri, hanno ordinato alle Asl di competenza di pagare le cure ad alcuni malati. Le visite con Giuseppe Di Bella, tuttavia, si pagano solo la prima volta, anche se lui vede e rivede i pazienti decine di volte. Perché questa terapia va avanti, anche se è già stata bocciata dal Ministero? – è stato chiesto al dottor Di Bella. “Perché ciò che mio padre sosteneva fin dal 1978, oggi è in parte accettato dalla medicina tradizionale, è evidenza scientifica. Prendiamo la somatostatina, ad esempio: oggi ci sono oltre 30 mila pubblicazioni che ne confermano le proprietà antitumorali”. Questo farmaco venne utilizzato anche durante la sperimentazione, ma è il modo in cui viene somministrata una sostanza che fa la differenza “La somatostatina – conferma Di Bella – va iniettata lentamente e sottocute. Se adoperata con una intramuscolo potrebbe addirittura avere degli effetti dannosi per la salute”. E’ interessante chiedersi se si sono avute delle guarigioni complete per poter valutare l’utilità e l’efficacia di una simile cura. In realtà sono stati pubblicati 16 casi di tumori alla prostata e una statistica su quelli alla mammella. Venti donne sono guarite senza operazione e un bambino di due anni è guarito da un retino blastoma. I dati non sono segreti, sono tutti pubblicati e resi pubblici e si trovano facilmente anche in rete sul sito “publimed.org”, un portale scientifico mondiale e ufficiale. Se la cura funziona, e i dati pubblicati lo stanno a provare, perché non si propone una seconda sperimentazione? “Perché sarebbe inutile farlo – risponde Di Bella – in quanto in questa vicenda c’è un gigantesco conflitto d’interessi, sia di natura finanziaria che ideologica, e sono questioni forti, insormontabili”. Giovanni Di Bella seguì la prima sperimentazione negli ospedali italiani e già alla seconda seduta all’Istituto superiore di Sanità aveva capito come sarebbe andata a finire quella vicenda. I dati alla fine gli diedero ragione. E pochi ricordano che i Nas verbalizzarono che in 1042 casi sperimentati, vennero adoperati farmaci scaduti. Era una sperimentazione, non c’è che dire! Ma con quali garanzie di qualità?

Fu accertato infatti:
1)che la preparazione dei farmaci fu imperfetta (non rispettarono le indicazioni del Prof. Di Bella),
2)la presenza di acetone, sostanza notoriamente tossica e cancerogena, in un farmaco della sperimentazione,
3)la somministrazione di solo 4 dei sette farmaci previsti nel metodo Di Bella,
4)il mancato uso del temporizzatore per l’iniezione di somatostatina nella grande maggioranza dei pazienti,
5)che i criteri di arruolamento dei pazienti furono antitetici a quelli dichiarati e verbalizzati dal prof. Di Bella al Ministero della Sanità, in commissione oncologica in sede di programmazione della sperimentazione.

Queste anomalie sono state certificate da documenti ufficiali da tutti verificabili, oltre che da pubblicazioni e articoli di riviste scientifiche internazionali accreditate sulla massima banca dati www.pubmed.gov. Sul numero di “Neuroendocrinology letter” del 30 settembre 2010 sono riportate 11 cause di invalidazione della sperimentazione, ciascuna delle quali, da sola, sarebbe sufficiente a invalidare qualsiasi seria sperimentazione Un fatto è certo: le polemiche continueranno, sia pure con minor veemenza. I fautori della chemioterapia diranno che il loro è l’unico metodo efficace, e molti pazienti invece continueranno a bussare allo studio del dotto Di Bella poiché la speranza non muore mai ed è una terapia sui generis, non classificabile scientificamente, mentre sono invece classificabili i risultati pubblicati sulle menzionate riviste scientifiche.

Le citazioni del dott. Giuseppe Di Bella sono state riprese da un’intervista pubblicata il 20 settembre scorso su “La Stampa”.