Il "Metodo Di Bella" è tornato di moda. Migliaia di pazienti ricorrono alle cure di Giuseppe Di Bella, il figlio di quel medico dai capelli bianchi che negli anni '90 riuscì a ottenere la sperimentazione della sua terapia anticancro. Secondo l'avvocato Gianluca Ottaviano, si tratta della "seconda cura antitumorale del Paese", alla quale negli anni si sono sottoposte circa due-tremila persone. Se per lo scienziato Marco Geddes da Filicaia, intervistato da La Stampa, il metodo "è inefficace, e la gente deve saperlo", Giuseppe Di Bella si difende così: "Noi siamo seri, ormai su questi temi c'è vasta letteratura".

I farmaci sono quelli di sempre, quelli che già suo padre utilizzava a suo tempo - si legge su La Stampa - somatostatina prima di tutto e poi ancora octreotide, vitamine (A, C, D, E), melatonina, calcio e molto altro ancora. "I risultati ci sono e ottimi", si infervora l'avvocato Ottaviano. "L'unico guaio è che la si deve pagare tutta di tasca propria. E non tutti possono permetterselo".

Il problema del "costo" viene risolto in alcuni casi dai tribunali che impongono alle Asl di "pagare le cure ad alcuni malati": le sentenze favorevoli si basano su perizie che constatano la regressione del male. Ma un'altra questione è tutta da risolvere: quali sono i reali benefici della cura? "L'importante è che le persone siano informate bene sui fatti: il metodo Di Bella è stato valutato in modo approfondito e rigoroso. Ed è stato giudicato privo di efficacia dimostrabile scientificamente", commenta il professor Marco Geddes da Filicaia, intervistato dal quotidiano.

Lo scienziato ha fatto parte della commissione scientifica che nel 1998 valutò la cura. "Fu una sperimentazione corposa e valutata anche da esperti internazionali e indicò che non c'era alcun risultato, a livello di scomparsa o regressione della patologia, grazie al cocktail messo a punto da Di Bella padre. E poi ci fu la revisione delle cartelle cliniche - chiamiamole così - presenti negli archivi del dottore: pure questa non diede alcuna evidenza dell'efficacia del metodo".

Proprio a proposito del "cocktail", Giuseppe Di Bella spiega: "Tutto dipende da come viene somministrata la somatostatina, altrimenti può avere effetti dannosi". "Noi curiamo anche gente al quarto stadio della malattia. Pazienti nei confronti dei quali la medicina tradizionale non fa più nulla se non somministrare cure palliative. Noi, anche in alcuni di questi casi, riusciamo ad ottenere risultati importanti. Dal blocco della progressione fino alla remissione completa e stabile della malattia".

Ma se i risultati ci sono e sono stati pubblicati su importanti riviste, perché non viene proposta un'altra sperimentazione? "Perché sarebbe del tutto inutile - risponde Di Bella - in questa vicenda c'è un gigantesco conflitto di interessi. Sia di natura finanziaria che ideologica. E sono questioni forti, insormontabili".

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