Sono stata alla commemorazione dei dieci anni della morte del professor Luigi Di Bella, domenica scorsa a Modena.
Questa volta non ero fra il pubblico ma accanto ai figli dello scienziato, a raccontare come mai – a distanza di 15 anni dalla  fulminea sperimentazione del Metodo Di Bella ( e della conseguente bocciatura ) – le tantissime persone che scelgono oggi di curarsi il tumore in questo modo continuino a essere ignorate dal mondo scientifico.  Alcuni malati ed ex malati erano presenti alla commemorazione.

Dalla Oncologia sono considerati fantasmi,  o”finti malati”, o “casi di remissioni spontanee”. Quel che è peggio è che anche lo Stato – che pure conosce bene i loro indirizzi chiamandoli a versare le tasse fino all’ultimo centesimo – davanti alle loro richieste di rimborso-farmaci, si comporta come l’apostolo Pietro prima che il gallo canti, rinnegandoli.

E così al dolore di scoprirsi ammalati di tumore (talvolta-in-recidiva-e-spesso pesantemente-danneggiati-dalla-chemioterapia-) si aggiunge l’ingiustizia di doversi pagare per intero le cure salvavita benchè queste coincidano con farmaci regolarmente in commercio e rimborsabilissimi per altre malattie.

Chi ha deciso che un farmaco debba avere una sola indicazione?
Quante azioni e inter-azioni svolge una molecola chimica in un organismo?
Perchè chi ne conosce gli effetti non è libero di prescrivere in scienza e coscienza? Chi decide per noi? Chi ha investito di autorità questo meccanismo perverso? E perchè dobbiamo restare in eterna attesa di un farmaco “mirato”  quando potremmo attingere fra le medicine che già esistono? E perché allora non decidere il rimborso di un farmaco in base all’efficacia?


La commemorazione è stata organizzata dall’associazione modenese “Terra e Identità“. A moderare gli interventi il suo presidente, Gianni Braglia.

ll primo a prendere la parola è stato il secondogenito del professore, Adolfo, che ha pubblicato l’anno scorso la biografia “Il poeta della scienza. Vita del professore Luigi Di Bella“. Sala affollatissima ma nessuna autorità presente. “Non mi stupisco, sono dieci anni che aspettiamo l’intitolazione della via promessa – ha ricordato, deluso, il figlio – Si parlò di dedicargli una strada, un’aula di un istituto universitario. Noi ci saremmo accontentati che la famosa via Marianini, dove ha sede il laboratorio, prendesse il suo nome. Poi si è adottata la strategia di far passare il tempo e di sfruttare la smemoratezza delle persone per non fare nulla. Luigi Di Bella non ha bisogno di una via, di una piazza e nemmeno di una città da intitolare. A dispetto di quelli che lo hanno contestato, mio padre è già passato alla storia dell’umanità e della medicina. E i nostri nipoti e pronipoti lo studieranno sui libri di scuola. L’unico politico che dimostrò indipendenza di giudizio e dignità è Giuliano Barbolini, il sindaco di allora, che il giorno dei funerali dispose che mio padre fosse accompagnato da un servizio di guardie nel suo ultimo viaggio, verso il cimitero Fanano”.

La personalità del professore emerge dalla biografia, snobbato dal mondo accademico, apprezzato però da personaggi del calibro di Gugliemo Marconi, Giuseppe Moruzzi, Edoardo Storti, Domenico Campanacci, Emilio Trabucchi e Derek Gupta (che lo definì “il padre della melatonina”), non usò mai soldi pubblici per partecipare a congressi pur avendone diritto, insegnò per 40 anni a Modena, all’istituto di Fisiologia, dedicandosi di persona ai malati.

Amarezza anche nelle parole del figlio medico, Giuseppe, che continua a trattare i tumori con il Metodo messo a punto da suo padre. “Ci sono studi di biologia molecolare che dimostrano che i tumori alla mammella e al cervello sono ricchi di GH, l’ormone della crescita. Ecco perché, inibendolo, se ne ferma la proliferazione. Se guardiamo a chi si affida ai protocolli ufficiali, non troviamo tumori solidi guariti da farmaci, talvolta le malattie del sangue si arrestano ma se capita una recidiva l’oncologia ricorre ai trapianti di midollo. Gli studi (come questo del GH) non vengono presi in considerazione, le terapie seguono linee guida e protocolli decisi da ‘commissioni mondiali’. Ma in base a che cosa sono prese decisioni così importanti?

La comunità scientifica proclama dogmi e un dogma non si mette in discussione. Chi lo fa è un eretico…In questo modo si deresponsabilizza chi cura. Il medico è un fantoccio, non può pensare con la sua testa, non è libero di prescrivere, può solo ‘attenersi al protocollo’. E la ricerca? Che ricerca è quella che evita il dato di fatto? Quella che si costruisce a tavolino, in modo virtuale?”

Gli occhi della platea si accendono, seguendo la mimica del dottore che tratta anche altre questioni, dal ruolo dei comitati etici alle raccolte fondi per la ricerca, dall’immoralità di chi si lascia corrompere e di chi corrompe, al grande inganno della chemioterapia fino alla “diagnosi precoce’”spacciata per prevenzione.

Mi terrò stretto il ricordo di questa giornata, l’accoglienza calorosa, l’emozione di raccontarmi “dal vivo”, la preoccupazione affettuosa di Maria Tosi (vispa settantenne, una delle prime donne guarite di leucemia dal professor Di Bella, ecco la storia ), che avevo sentito sempre e solo per telefono e ora mi chiedeva se stessi facendo anch’io “un po’ di vera prevenzione”. Ma soprattutto, mi porterò dentro quelle persone (ex malati o malati che stanno bene) che ho visto piangere per la gioia di essere vive.

Di Gioia Locati


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