Povero professor Di Bella. Non viene lasciato in pace neppure a distanza di anni dalla sua morte. Ancora oggi viene evocato come uno spauracchio, un pericolo per la scienza e la medicina. Alcune reazioni alle recenti sentenze sulla negazione e sull'autorizzazione di cure con le staminali in malati gravissimi, hanno avuto un tratto in comune: “Non creiamo un altro caso Di Bella“. Citando così una vicenda, che probabilmente molti giovani non conoscono perché ormai risale a sedici anni fa, che dette molto fastidio alla comunità medico-scientifica. Mettere però Di Bella sullo stesso piano di Wanna Marchi, una truffatrice, non è accettabile. Perché quanto accadde fu di insegnamento per tutti: medici, ricercatori, istituzioni sanitarie, pazienti e parenti, giornalisti. Qualcuno ha imparato la lezione, altri no. Altri ancora restano chiusi tra le mura dei loro laboratori, trincerati dietro quello che sanno, ricchi di scienza, poveri di coscienza.

Tra le sentenze attuali e quanto accadde nel 1997 ci sono molte analogie, in primo luogo sul ruolo della magistratura. Ad aprire la breccia fu un pretore di Maglie, Madaro, che ordinò alla Asl della zona di dare gratuitamente ad un malato i farmaci della Mdb (Multiterapia Di Bella). In seguito vi furono altre sentenze, simili, e il lavoro oscuro del vecchio medico (un personaggio sui generis: ateo incallito, appassionato di ricerca), divenne improvvisamente d'interesse nazionale. Lui aveva "inventato" una formula non a base di sostanze improbabili, bensì già in uso per terapie anticancro. A suo parere in molti pazienti - che avevano fatto ricorso alle cure tradizionali senza alcun successo - la Mdb aveva funzionato. Va ricordato che negli anni Novanta il cancro faceva molto più paura, anche perché non c'erano importanti dati sulla sopravvivenza, come accade invece oggi. La parola cancro incuteva paura al punto che non veniva usata dai mass-media. Era la "malattia incurabile". Quella lunga storia contribuì a far uscire la parola tumore dai laboratori medici e dalle corsie ospedaliere.

Allora scrissi più volte sull'argomento. Larga parte del mondo scientifico era contro la Mdb. Espressi una posizione diversa, e minoritaria. In pratica questa: non potevo dare un parere scientifico su quella cura, ovviamente, però vedendo migliaia di persone malate di cancro e senza speranza, dopo aver seguito tutte le terapie tradizionali, ritenevo giusto un uso compassionevole della Mdb.

Le tristissime storie di migliaia di malati furono strumentalizzate dalla destra - in particolare di Storace - e usate come una clava contro il governo Prodi e contro il ministro della Sanità dell'epoca, Rosy Bindi. Il clima si intorbidì.  I malati scesero in piazza, convinti che la Mdb veniva boicottata dalle multinazionali e dalle istituzioni sanitarie. Provavo delusione e rabbia per l'uso strumentale del dolore. E scrissi che per dare una risposta certa, chiara, erga omnes sulla Mdb, era necessaria una sperimentazione. Tra i favorevoli, tra i sostenitori, vi fu a sorpresa il professor Umberto Veronesi che, anche se non rammento le testuali parole, sostenne che la "formula" Di Bella era interessante. La sperimentazione venne fatta, con 11 protocolli, su 600 pazienti arruolati e tutti disperati, e fu negativa: solo nello 0,8 per cento dei casi erano apparsi risultati positivi, troppo pochi per poter dare corso istituzionale alla multiterapia.

Poter contare su una nuova terapia antitumorale avrebbe dato un impulso alla medicina e un'opportunità in più ai pazienti. Non fu così e ne presi atto con rammarico, soprattutto nei confronti dei malati. A questo proposito ricordo un episodio sconcertante che avvenne alla conferenza stampa all'Istituto superiore di sanità: all'annuncio del fallimento della sperimentazione i tanti dipendenti e ricercatori dell'Iss applaudirono fragorosamente. Feci notare che quell'applauso era anche contro le speranze di tanti malati.

Allora conobbi alcune persone che si rivolgevano a Luigi Di Bella (che certo non si faceva pagare 500 mila lire per una visita, anzi non chiedeva soldi: un eretico in tutti i sensi rispetto alla casta di medici), perché erano disperate: dopo chemioterapia e radioterapia avevano solo una strada davanti a loro, la fine dell'esistenza. Era giusto negare loro l'ultima spiaggia?

Ma quel che era saltato agli occhi della comunità nazionale, più che la terapia era il metodo del medico Di Bella. Che fu da esempio per tutti quelli che avevano dimenticato  l'umanesimo in medicina. Da quella esperienza riprese infatti vita la necessità di un nuovo rapporto tra medico e paziente, rimettendo al primo posto l'importanza del lavoro in Scienza e Coscienza, senza che l'una prevalga sull'altra. Non solo: allora si è capito il valore di una scienza non boriosa, non autoritaria, non arrogante, il ruolo che possono svolgere gli scienziati che sanno mostrare umiltà, che sanno interrogarsi, in grado di rimettere in discussione le loro certezze. Senza dover rinunciare alle regole date. Ricordo che la medicina poi non è una scienza esatta, perciò i ricercatori dovrebbero porsi sempre nuove domande. Comunque non servono gli spauracchi: oggi la scienza deve essere libera dagli schemi, trasparente, pronta a confrontarsi. Perché le vie della scienza sono infinite.

Chiudo con un fatto. L'anno scorso il Dipartimento di Anatomia e Istologia dell’Università di Firenze ha realizzato e pubblicato una ricerca scientifica, “Effetti combinati di melatonina, acido transretinoico e somatostatina sulla proliferazione e la morte delle cellule di cancro al seno” (si può trovare su PubMed), che in parte confermerebbe le intuizioni di Di Bella. Si tratta di studi, pertanto lunga è la strada per poter dire che il mite vecchietto aveva ragione. Ma intanto mi auguro che chi bolla quella vicenda come bufala, superstizione, stregoneria, si mostri più attento, più curioso, più umile.

Di Guglielmo Pepe

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