Il web ed i mass media hanno dato, qualche giorno fa, una notizia clamorosa: saranno presto disponibili due nuovissimi farmaci anticancro, il pertuzumab e l'aflibercept. Farmaci “salvavita”, li si è definiti (e prego di tenere a mente questa definizione), ma non sarebbero gratis. Il costo dei medicinali, alquanto elevato perchè stiamo parlando di diverse migliaia di euro per ogni ciclo di cura, non sarebbe infatti coperto dal servizio sanitario nazionale e resterebbe quindi interamente a carico del paziente. Ne sono seguite polemiche furenti perchè, si è detto, in questo modo solo le persone benestanti potranno beneficiarne, mentre i poveracci saranno costretti a morire. In realtà, come vedremo, il vero scandalo non consiste nel privare di una cura le persone meno abbienti, ma nel costringere delle persone -gravemente ammalate- a dare fondo ai propri risparmi nella speranza di una guarigione che i suddetti farmaci non sono assolutamente in grado di procurare. Non lo dico per partito preso, anzi sarei ben lieto -come potenziale ammalato- di poter prendere atto di reali e significativi progressi nella cura del cancro. Purtroppo non è questo il caso e posso dirlo perchè mi sono andato a leggere i risultati dei “trial” (1) a seguito dei quali i due farmaci hanno ottenuto dalle autorità sanitarie il via libera all'impiego clinico. Il primo farmaco, il pertuzumab, è un anticorpo monoclonale, figlio (o meglio nipote) di quel bevacizumab che non ha mai guarito nessuno, ma che in compenso ha accoppato molti a causa delle emorragie che può provocare. Il pertuzumab è indicato nel cancro al seno HR2 positivo in fase già metastatica come farmaco di seconda linea in combinazione con altri chemioterapici. La maggior parte dei “trials” non sono ancora conclusi e si conoscono i risultati solo di uno, ironicamente denominato Cleopatra. Il pertuzumab, assunto in combinazione con altro anticorpo monoclonale e chemioterapici, avrebbe garantito un periodo libero da progressione di malattia di diciotto mesi e mezzo contro i 12,4 mesi del gruppo di controllo a cui erano stati somministrati solo la chemioterapia e l'anticorpo monoclonale già conosciuto. Non si conosce il dato della sopravvivenza globale, ma nel periodo di osservazione il numero dei decessi è stato leggermente inferiore nel gruppo trattato con il pertuzumab rispetto a quello di controllo. Il risultato è quindi alquanto modesto, sei mesi di rallentamento della malattia, e diventa ancor più modesto se si mette in conto anche il maggior numero di effetti collaterali gravi. Inoltre buona parte dei “trials” sono ancora in corso e non è assolutamente detto che confermeranno i sia pur modesti risultati di quello concluso. Benchè possa apparire incredibile è un fatto che capita spesso: i primi “trials”, quelli dove maggiore è il ruolo giocato dalla casa farmaceutica produttrice, forniscono risultati che non trovano conferma in sperimentazioni successive e men che meno nell'applicazione clinica. Clamoroso è stato il caso, avvenuto pochi anni fa, del vaccino contro il cancro al polmone non a piccole cellule chiamato Stimuvax. La Merk Serono, la casa produttrice, fece suonare le trombe di vittoria dopo il primo “trial” che avrebbe dimostrato, a suo dire, addirittura il triplicarsi delle aspettative di sopravvivenza. In realtà tutte le sperimentazioni successive non confermarono i risultati vantati, anzi provarono che il farmaco era inutile e addirittura pericoloso perchè poteva provocare delle encefaliti fulminanti. Oggi infatti lo Stimuvax è stato completamente abbandonato, almeno fino a quando a qualcuno non verrà in mente di riesumarlo e riproporlo per qualche altra malattia. Ancora meno significativi sono i vantaggi ottenuti con l'aflibercept, un antiangiogenetico indicato nel cancro del colon inoperabile. Il tumore, infatti, stimola la produzione di vasi sanguigni intorno a sé e bloccare tale produzione vorrebbe dire, almeno in teoria, privare la massa neoplastica delle sostanze necessarie alla sua crescita. I risultati dell'aflibercept sono stati assolutamente deludenti: un modesto incremento di due mesi del periodo libero da progressione di malattia ed un ancor più modesto incremento da 12,6 mesi a 13,5 mesi nella sopravvivenza globale. Il tutto con un raddoppio dei casi di effetti collaterali gravi, tra cui perforazioni intestinali ed emorragie. I risultati di pertuzumab e aflibercept non sono certo tali da poter parlare di farmaci “salva-vita”. Pochi mesi di sopravvivenza in più, pagati con migliaia di euro e con le maggiori sofferenze causate dagli effetti collaterali. Mesi di sopravvivenza neppure poi certi, perchè l'attendibilità dei “trial” è paurosamente discutibile. Nel suo libro, chiamato proprio Effetti Collaterali, il medico inglese Ben Goldacre descrive minuziosamente i metodi che le case farmaceutiche usano per condizionare, e talvolta stravolgere, i risultati dei “trials”. Non a caso il sottotitolo del libro recita: come le case farmaceutiche ingannano medici e pazienti (2). Le polemiche sulla non gratuità dei due farmaci sono quindi fuori luogo o, quantomeno, sbagliano bersaglio. Sempre che non siano ispirate dalle stesse case farmaceutiche che vogliono ampliare il loro “bacino di utenza”. Per quanto orrendo possa sembrare si è già verificato. Farmaci come la midodrina (usato contro l'ipotensione ortostatica) o il gefitinib (un antitumorale) sono stati introdotti nel prontuario farmaceutico malgrado tutte le sperimentazioni non ne abbiano dimostrato alcuna efficacia terapeutica: e questo solo grazie ad una ben orchestrata campagna giornalistica. E' drammatico pensare che la ricerca medica sia ormai ridotta ad una mera questione di “business”, dove la salute e la sopravvivenza del malato siano di secondaria importanza rispetto ai bilanci delle case farmaceutiche. Drammatico, ma tremendamente realistico e, forse, addirittura meritato perchè una Scienza che ha deciso che Dio non esiste non ha più una Morale a cui obbedire e quindi finisce per ricavare le sue regole solo dalle “esigenze del mercato”.

Mario Villani

1) Per “trial” si intendono le sperimentazioni nel corso delle quali ad un gruppo di ammalati viene fornito il farmaco da testare e ad un altro gruppo altri farmaci o sostanze inerti (placebo).

2) Gli stessi metodi possono essere impiegati, al contrario, per negare fraudolentemente l'efficacia di farmaci, come è successo nella famigerata sperimentazione del Metodo Di Bella organizzata dal Ministero della sanità retto da Rosy Bindi.


Fonte www.appunti.ru