Roma - La revisione della legge Basaglia ma anche la riapertura del dibattito sulla cura Di Bella: queste alcune delle priorità indicate dal ministro della Salute, Storace, per il nuovo anno. La lotta al cancro si inserisce nel più ampio contesto del potenziamento della ricerca nel nostro Paese. In Finanziaria sono stati già stanziati 385 milioni di euro, cento dei quali, appunto, destinati al comparto oncologico. Ed è su questo terreno che Storace auspica un approfondimento della terapia Di Bella, che tanto scalpore provocò nella scorsa legislatura, in una dura contesa tra fautori e detrattori.
La cura, articolata in un cocktail di medicianali a base di somatostatine, fu osteggiata dall’allora ministro della Sanità, Rosy Bindi, che sostenne la tesi di quanti, nell’ambiente scientifico, imputavano a una sorta di effetto placebo i benefici riscontrati su alcuni pazienti. Per contro, i casi di guarigione, o di miglioramento del decorso patologico, furono da molti assunti come dimostrazione della bontà della cura che, oltretutto, rendeva non necessario il ricorso alla chemioterapia. Il dibattito insomma arrivò a un punto morto. Ma non la ricerca (il prof. Di Bella è scomparso di recente ma il figlio ne prosegue il lavoro) che, anzi, secondo Storace ha portato a risultati incoraggianti.
«Le ricerche d’Oltreoceoano sulla vitamina D - spiega - sembrano confermare quel che Di Bella sosteneva già nel 1978». Tanto che lo stesso Consiglio superiore della Sanità ha ripreso a discutere questo tema. Motivo per cui in Italia è arrivato il momento di riaprire la sperimentazione, prendendo atto dei progressi riscontrati, e allentando il pregiudizio: quello per cui sarebbe dannoso «illudere» i malati di cancro.
Sul fronte della 180, il ministro della Salute non indietreggia. Rimettere mano alla legge 180 sulla tutela del disagio mentale per dare una prospettiva di maggiore sicurezza alle famiglie, sarà la priorità della prossima legislatura. «Non saranno quattro urla minoritarie a fermare una norma che è innanzitutto di giustizia sociale», ha detto Storace puntando il dito contro il centrosinistra che in Commissione Sanità ha votato insieme al centrodestra un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della 180. «Siano tutti certi che è nostra intenzione ascoltare i protagonisti prima di decidere perché e cos’è che si governa», ha assicurato. Il ministro stigmatizza la «consueta doppiezza» dell’opposizione e non si lascia intimorire: «perché una legge dì trent’anni fa non può essere aggiornata?».
Non è una novità l’intenzione del governo di modificare la legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che 30 anni fa rivoluzionò il modo di intendere la malattia mentale superando il vecchio approccio terapeutico. La legge 180, approvata nel 1978, ha sancito il superamento dei manicomi, vietato nuovi ricoveri, istituito i centri di igiene mentale e indicato nei servizi territoriali le strutture per il trattamento e il controllo dei malati con l’intento di garantire un percorso riabilitativo verso l’autonomia personale. Ma sono ancora molte le carenze assistenziali denunciate dai familiari e ancora debole la rete delle strutture idonee ad ospitare i malati gravi. Proprio da questi limiti nasce la necessità di rivedere la legge sul disagio mentale che «in gran parte del Paese non è stata mai applicata». E’ quanto spiega l’esponente di Forza Italia, Maria Burani Procaccini, promotrice di una proposta di legge di riforma della Basaglia che, secondo i critici, ripropone sotto altre vesti le strutture manicomiali. «Il ministro della salute farebbe bene ad attuare il progetto-obiettivo salute mentale, perché così si renderebbe conto che il problema non è mettere mano alla legge ma attuarla», è la replica di Grazia Labate dei Ds, in linea con l’opinione diffusa nel centrosinistra, secondo cui il problema non sta nei contenuti della legge ma, piuttosto, nella scarsezza di risorse messe in campo per la sua attuazione. Tra le altre priorità indicate da Storace, la soluzione del problema delle liste di attesa. «Le norme ci sono - ricorda il ministro - bisogna soltanto discuterne con le regioni».