Il Tribunale civile di Genova (giudice Margherita Bossi) ha accolto la richiesta di un paziente affetto da linfoma maligno non Hodgkin che ha fatto ricorso alla cura Di Bella, guarendo, e ha ordinato alla Asl3 genovese di erogare gratuitamente i farmaci per i prossimi cinque anni, periodo in cui la cura deve comunque essere praticata.
Il paziente è un genovese di 44 anni, sposato e padre di tre figli. All’inizio del 2000 gli veniva diagnosticato un linfoma maligno non Hodgkin al quarto stadio. Di fronte alla necessità di iniziare la terapia tradizionale, e cioè quella chemioterapica, erogata gratuitamente dal servizio sanitario nazionale, decise di seguire invece la terapia Di Bella. Dopo un primo periodo di stasi della malattia, seguì una regressione continuata in via progressiva sino a giungere a completa remissione nel 2004. In considerazione di questi risultati e visti gli altissimi costi della cura (circa 2.500 euro al mese), che doveva comunque essere praticata per altri 5 anni, il paziente ha fatto ricorso in via d’urgenza chiedendo al Tribunale di Genova che ordinasse alla Asl l’erogazione gratuita dei farmaci del protocollo terapeutico di cura stabilito dal dottor Di Bella.
L’Azienda Sanitaria locale si costituì in giudizio, contestando in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del tribunale in favore del Tribunale amministrativo, e nel merito la fondatezza del ricorso sostenendo che il Multitrattamento Di Bella non aveva sufficienti basi scientifiche poiché la sperimentazione a suo tempo svolta non aveva avuto esito positivo. Il Tribunale ha invece accolto la domanda del paziente ritenendo infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione e nel merito la fondatezza della domanda poichè «analizzando la vicenda del caso concreto non si poteva che constatare l’evidente beneficio che il paziente aveva tratto dalla cura praticata».
Nel sottolineare che «i risultati ottenuti dal ricorrente sarebbero stati raggiunti probabilmente anche con la terapia chemioterapica tradizionale» negata dal paziente «per sottrarsi ai molteplici effetti collaterali prodotti sull’organismo dalla cura tradizionale», il giudice, nella motivazione della propria ordinanza, ha spiegato che «ricorrere all’erogazione gratuita è stato tuttavia necessario poichè non può non valutarsi anche l’alea per le condizioni di benessere del ricorrente, di una brusca interruzione di una terapia che, seppur solo con riguardo alla situazione clinica specifica, ha dato esiti positivi».