RECANATI - Da quattro anni tiene sotto controllo il tumore con la cura Di Bella. Che in cifre significa aver già speso trenta mila euro. Grazie a un giudice, da due giorni la costosa somatostatina, principio base della terapia, è a totale carico del servizio sanitario nazionale. Ma la donna ha dovuto cambiare residenza, lasciare Recanati ed “espatriare“ ad Ancona, dove vive la sorella. Motivo: il Tribunale di Macerata le ha negato per due volte la cura gratuita. Prima il giudice Adriana De Tommaso, che ha bocciato il ricorso anche alla luce del fallimento della sperimentazione del metodo Di Bella, poi il collega Luigi Reale che ha respinto il reclamo (una sorta di appello) avanzato dalla donna. Il caso sembrava chiuso. Con la Asl 8 che era riuscita a strappare una vittoria della quale nessuno andava fiero, e la paziente costretta a spendere per tutta la sua vita 680 euro al mese per curarsi. Ma la storia non finisce qui. Prosegue ad Ancona, dove la donna 52 anni ben portati, due figli e un male terribile che potrebbe ridurla su una sedia a rotelle è andata a vivere con l’obiettivo di tentare ancora la strada del Tribunale. Cambiata residenza, il foro competente diventa Ancona. E ad Ancona il giudice Maria Viscito dice sì al metodo Di Bella gratis. Per la recanatese, ora neo anconetana, è stata una grandissima gioia. «Spero che a questa sentenza ne seguano altre, conosco persone che continuano, con grandi difficoltà economiche, a curarsi con il metodo Di Bella. A Macerata c’è il caso di una signora alla quale prima è stata concessa la cura gratuitamente e poi tolta» racconta la donna. E per alcuni malati la cura Di Bella rappresenta l’ultima spiaggia. «Io sono l’esempio che il metodo del professore, che mi ha prescritto la cura personalmente, funziona. Nel mio caso blocca l’avanzare della malattia e mi garantisce una buona qualità della vita» dice la donna, che è affetta alle meningi da un tumore non operabile e non trattabile con chemioterapia. «Devo convivere con questa massa nel cervello. Se dovesse ispessirsi, crescere e comprimere vene e centri nervosi, rischio di rimanere paralizzata, di perdere la vista». E già una volta, racconta, il meningioma le ha lesionato un occhio, provocandole sbandamenti e problemi alla vista tanto che non poteva guidare. «Da quando mi curo con il metodo Di Bella sto meglio, la cura dovrebbe essere sperimentata di nuovo, ma non su pazienti moribondi, e fornita ai malati di cancro gratis» insiste convinta che il tanto criticato metodo funzioni. Per convincere il giudice, spiega l’avvocato Andrea Nobili che assiste la donna, «mi sono richiamato ai principi contenuti nella Costituzione: il diritto alla salute e il principio dell’uguaglianza».