Fu un decreto d’urgenza, sull’onda dell’entusiasmo popolare, a dare il via alla sperimentazione ufficiale del metodo anticancro messo a punto dal medico siciliano Luigi Di Bella. Correva l’anno 1998. La prima fase durò da marzo a novembre 1998, e i risultati furono ufficializzati in via definitiva il 13 novembre 1998, anche se la durata mediana del trattamento per ogni singolo paziente fu di appena due mesi.
Alla fine, il rapporto ufficiale fu il seguente: «Dall’analisi dell’insieme dei 1155 pazienti inclusi negli studi sperimentali (386 pazienti) e osservazionali (769 pazienti), non emerge alcuna evidenza che il trattamento Mdb sia dotato di qualche attività antitumorale di interesse clinico». E una pietra tombale fu messa sulla somatostatina, sulla melatonina e su tutti gli altri componenti della terapia.
Ma se è vero che il diavolo fa le pentole e non i coperchi, ecco che non passò molto tempo e iniziarono a saltare fuori strani aspetti della sperimentazione, non proprio ortodossi.
Innanzitutto la vicenda dei farmaci scaduti: quando i Nas si attivarono per una indagine trovarono che «1048 flaconi di soluzione al retinoidi sono stati distribuiti dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze a 28 centri dei 60 della sperimentazione MDB, oltre il termine massimo di tre mesi, come stabilito dall’Istituto Superiore di Sanità. Ciò comporta che 1048 pazienti abbiano assunto, per un periodo oscillante tra i venti e i trenta giorni, un farmaco potenzialmente imperfetto e non più possedente le caratteristiche terapeutiche Iniziali, senza escludere che la degradazione e la scomposizione del principi attivi, possa produrre effetti collaterali gravi specialmente in soggetti sofferenti patolog neo-plastiche».
E poi l’acetone, se è vero che l’indagine dei Nas prese il via dopo le denunce di alcuni pazienti in sperimentazione, che si lamentavano presso l’Associazione Italiana Assistenza Malati Neoplastici di Roma del sapore anomalo della soluzione ai retinoidi e di effetti collaterali come diarrea e nausea. Da una analisi di laboratorio saltò fuori che nella soluzione era presente acetone, nonostante che Di Bella nei protocolli avesse chiesto che venisse del tutto eliminato.
Se è vero che secondo i periti di parte ascoltati dai giudici, la concentrazione non superava i livelli di pericolosità, è anche vero che la letteratura scientifica non li ha mai valutati su malati di cancro terminali.