Dover ricorrere al giudice per salvarsi la vita. Andare dall’avvocato per vedersi riconosciuto il diritto di scegliere la cura che si ritiene migliore e dover pagare di tasca propria per quelle medicine. Questo è quello che sta succedendo a decine di malati di tumore trentini e non solo.
Decine di malati che si sono rivolti all’avvocato Claudio Severini per far valere i propri diritti contro l’Azienda sanitaria che insiste nel non somministrare ai pazienti i medicinali che sono alla base della famosa cura Di Bella. Sono passati ormai anni da quando il professore di Modena era finito sulle prime pagine dei giornali. Sono stati mesi di polemiche, battaglie e discussioni. Poi tutto è finito nel dimenticatoio. 
La sperimentazione del metodo alternativo non ha dato i risultati sperati, così il cocktail del professore non è stato inserito nel prontuario. Le polemiche sono passate. Di Bella è morto nei frattempo, ma sono rimasti i malati che sperano nella sua cura. A migliaia. Per molti di questi non rimane altro che sperare, dal momento che la cura costa, anche se molto meno di quello che costa alle casse dell’Azienda la cura a base di chemioterapia e interferone. 
In media, chi ce li ha deve tirare fuori 2 mila euro al mese per pagare il cocktail di retinoidi e somatostatina che è alla base della cura Di Bella. Chi non ha questi soldi è costretto a rivolgersi al giudice. È il caso di una signora di 50 anni, residente a Trento, che da sette anni si cura con il cocktail Di Bella e sta bene. Deve assistere un familiare e per questo non poteva curarsi seguendo la terapia ufficiale, troppo debilitante. Così la scelta era caduta sulla terapia del professore modenese. Da sette anni va tutto bene. La signora non ha dovuto subire le turpi offese ai fisico cui sono costretti i pazienti che si sottopongono alla chemio e sta relativamente bene. Solo che deve tirare fuori di tasca sua duemila euro al mese per pagare la cura. Ha cercato di ottenere che fosse l’Azienda a pagare, ma la perizia del consulente tecnico dei tribunale le ha dato torto. A Trento i giudici chiedono, per riconoscere ai pazienti il diritto di sceglieralla terapia, la dimostrazione che la cura Di Bella è insostituibile, ovvero che nessun’altra terapia possa ottenere gli stessi risultati. Una dimostrazione che è tecnicamente impossibile. Per questo molte delle richieste avanzate vengono respinte. Va un po’ meglio a Bolzano, dove l’avvocato Severini ha già ottenuto per due pazienti l’accesso alla Di Bella. Attualmente a Trento sei pazienti hanno ottenuto che l’Azienda passasse loro i medicinali del famoso cocktail, ma questo risultato è stato ottenuto in via cautelare, ovvero con un ricorso d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile. In questi casi il giudice non giudica nel merito della questione, ma impone all’Azienda di dare al paziente i medicinali richiesti perché in caso contrario ne deriverebbe un danno grave e irreparabile. Così i pazienti vivono appesi a un cavillo, con la paura di perdere da un momento all’altro la cura che ritengono migliore per la propria salute.