ROMA. «Quello citato era un atto interno del ministero, in preparazione, che però non è mai stato emanato e dunque non esiste». Era stato questo l'escamotage dialettico con il quale il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi - incaricato dal Governo di rispondere al question time alla Camera mercoledì scorso - aveva provato a mettere una pezza sul provvedimento con il quale il Ministero della Salute si apprestava a vietare la vendita della somatosatina in farmacia. Una decisione che autorizzava l'utilizzo del farmaco base della terapia antitumorale messa a punto dal defunto professor Luigi Di Bella «esclusivamente in ambiente ospedaliero e in cliniche e in case di cura».
Il provvedimento, invece, esiste eccome. Com'è possibile vedere in questa stesa pagina si tratta dell'Autorizzazione all'immissione in commercio n.755 adottata dal Dipartimento dell'Innovazione del Ministero della Salute il 26 luglio scorso. Non solo. Il Ministero dava per scontato che il provvedimento sarebbe entrato in vigore, tant'è vero che scriveva che «la ditta titolare dell'Aic dovrà far pervenire entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale al Ministero della Salute» una riproduzione «degli stampati (delle confezioni del medicinale di cui erano autorizzate le modifiche, ndr) nella veste tipografica definitiva».
Poi il pressing di AN e il personale intervento del vicepremier Gianfranco Fini, che in una lettera a Sirchia ha chiesto la sospensione del provvedimento, hanno convinto il ministro a bloccare il processo in atto che avrebbe portato, di fatto, alla fine della cura Di Bella.
«Abbiamo evitato un autentico disastro - spiega Sandro Delmastro Delle Vedove, il deputato che a nome dell'intero gruppo di An ha chiesto in Aula la revoca del provvedimento. - Chi è in terapia non avrebbe più potuto continuare a curarsi», visto che negli ospedali la maggior parte degli oncologi è contraria al metodo Di Bella. Se il provvedimento resta in naftalina, l'attenzione si sposta ora sulla commissione di esperti che il ministero ha approvato per rivedere tutta la casistica trattata positivamente con la terapia Di Bella.
«Giungere ad una nuova sperimentazione è indispensabile - aggiunge Delmastro Delle Vedove - visto che in quella del '98 nei confronti del metodo Di Bella ci fu un pregiudizio talebano. Importanti istituti di ricerca americani stanno continuando la sperimentazione sulla somatostatina e il metodo Di Bella. Senza facili entusiasmi, ma anche senza pregiudizi, occorre garantire la libertà terapeutica; anche perché attorno alla radioterapia e alla chemioterapia, si sa, ruotano interessi a nove zeri».
Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori e gli specialisti della materia? Per il dottor Nicola Moriello, medico dibelliano di Marcianise, in provincia di Caserta, non ci sono dubbi: «Una nuova sperimentazione sarebbe opportuna perché oggi c'è un clima di maggiore tranquillità attorno alla cura, senza per questo voler mettere in dubbio il lavoro che nel 1998 fecero gli oncologi che seguirono la sperimentazione». I medici dibelliani sparsi un po' in tutta Italia stanno inviando alla Società italiana di bioterapia oncologica razionale-Metodo Di Bella, presieduta dal professor Giuseppe Di Bella, figlio del fisiologo modenese, le schede relative ai casi dei pazienti che hanno risposto positivamente alla cura. Sarà Di Bella a sottoporli poi al vaglio della commissione.
Non è escluso che lo studio osservazionale che verrà fuori dall'analisi complessiva delle schede (alla fine Di Bella conta di raccoglierne alcune centinaia) possa poi essere pubblicato su una delle prestigiose riviste scientifiche internazionali che negli ultimi anni hanno dimostrato l'efficacia della cura multiterapica. Di parere diverso è il professor Andrea De Maffeiis, che nel '98 seguì con la sua equipe la sperimentazione al Policlinico Federico II di Napoli.
Al cronista che gli chiede se sarebbe opportuna o meno una nuova sperimentazione De Maffeiis replica così: «Il medico onesto osserva e giudica, e purtroppo l'osservazione non fu favorevole. Ricordo che i dati furono pubblicati su una prestigiosa rivista scientifica e i risultati dello studio purtroppo non furono confortanti». Secondo il professor De Maffeiis «se dobbiamo impegnarci su qualcosa, allora facciamolo sui dati che ci incoraggiano». Ma Di Bella è intenzionato a tirare dritto e ad insistere: «Bisogna curare la causa del tumore, non il suo effetto che sono le cellule tumnorali - dice -. È l'uomo nel suo complesso che va 
curato». In pratica una rivoluzione copernicana: invece di aggredire le cellule tumorali Di Bella è convinto che si possa rallentare la crescita del male, in alcuni casi fino a fermario, bloccando alcune delle più importanti sostanze che le cellule neoplastiche utilizzano per la loro proliferazione.