ROMA. Un numero crescente di pubblicazioni scientifiche internazionali a partire dal 1997 ad oggi; l'aumento del numero di pazienti che scelgono la cura antitumorale Di Bella in luogo di quella chemioterapica; nuovi studi nazionali ed internazionali che, tra il 2000 ed il 2004, hanno dimostrato che le possibilità terapeutiche del metodo Di Bella sono concrete, o comunque maggiori di quelle assegnategli dall'oncologia "tradizionale"; infine la necessità per la sanità italiana di gettarsi definitivamente alle spalle la vicenda della sperimentazione - quella che nel '98 fu ordinata dall'allora ministro della Sanità, Rosy Bindi - sulla quale aleggiano ombre e dubbi mai chiariti fino in fondo.
Sono i principali motivi, oltre ai risultati sorprendenti di centinaia di casi in cui pazienti affetti da tumore hanno avuto miglioramenti dopo essersi curati con la terapia messa a punto da Luigi Di Bella - il defunto fisiologo modenese padre della cura - che hanno spinto il ministero della Salute, ascoltato il parere del presidente del Consiglio superiore di Sanità, il professor Mario Condorelli, ad approvare l'istituzione di una commissione di esperti per un'accurata revisione di tutta la casistica trattata positivamente con la terapia Di Bella. «La commissione è stata approvata ed i suoi esperti potranno operare 
entro breve», scriveva il 7 luglio scorso il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, al professor Giuseppe Di Bella, figlio del fisiologo che tra il '97 e il '98 divise l'Italia intera. Ma quali sono gli elementi che hanno portato il ministero ad adottare questa decisione?
In base a quanto afferma la più esauriente ed aggiornata banca dati medico-scientifica, la "National Library of Medicine", il numero di pubblicazioni che certifica le proprietà antitumorali dei singoli elementi che compongono il famoso cocktail di farmaci appare davvero impressionante: sulla somatostatina c'è una letteratura di 21.080 titoli; 4.215 le pubblicazioni sui retinoidi; 313 quelle sulla melatonina (la stessa sostanza il cui uso nel 1996 il governo Prodi tentò inutilmente di vietare); 1.257 quelle della bromocriptina, solo per citare alcuni dei principali elementi (gli altri sono alcuni tipi di vitamine e calcio) che compongono la terapia. Il totale delle pubblicazioni ammonta a 34.508. Un volume tale di studi autorevoli che, evidentemente, non poteva continuare ad essere ignorato. Né possono essere ignorate numerose altre pubblicazioni scientifiche che dimostrano come, usati insieme e nel giusto dosaggio, i singoli elementi del metodo Di Bella vicendevolmente si potenziano, ottenendo quello che lo stesso professor Di Bella definisce «un potenziamento sinergico dell'attività antitumorale».
Non solo. Secondo i dibelliani gli stessi studi attestano che, oltre all'elevato potenziale antitumorale, gli elementi di cocktail Di Bella presentano anche l'assenza di rilevante tossicità, smentendo le conclusioni scientifiche e le indicazioni cliniche della 
sperimentazione del '98. Agli studi sulle nuove frontiere aperte dalla terapia che forse l'Italia ha archiviato un po' troppo frettolosamente, negli ultimi anni si sono aggiunti studi che, sempre secondo i dibelliani, evidenziano la scarsa capacità di incidere sulla riduzione della mortalità per tumore della chemioterapia. Insomma, la battaglia è appena ricominciata.