Due donne bellunesi colpite da tumore in forma molto avanzata possono raccontare di essere uscite dall’incubo della malattia grazie alla cura del professor Di Bella. In provincia di Belluno Andrea Dall’O è l’unico medico (se si esclude un dottore di Feltre che lo aiuta) ad applicare ai malati di cancro il metodo del professore modenese. Sabato era a Bologna al "primo convegno nazionale della società italiana di bioterapia oncologica razionale - metodo Di Bella", presieduto dal figlio del professore modenese, Giuseppe, nel corso del quale sono stati presentati i 250 casi neoplastici che hanno risposto positivamente al metodo. Dall’O ha portato il caso di una donna di oltre quarant’anni alla quale tre anni fa è stata diagnosticata una neoplasia alla mammella con metastasi polmonari. La signora, che vive in provincia di Belluno e che per motivi di riservatezza preferisce non farsi riconoscere, ha vissuto tutta la trafila dei malati di cancro: intervento chirurgico e chemioterapia con i conseguenti effetti collaterali.
«Le metastasi - afferma Andrea Dall'O - sono scomparse grazie alla terapia Di Bella e, come accade per tutti i pazienti in cura con questo metodo, è migliorata la qualità della vita. La signora ora è in grado di venire da sola in ambulatorio, mentre fino a qualche tempo fa era costretta a farsi accompagnare».
Ha altri casi attualmente in cura con il metodo Di Bella?
«Sì ne ho una decina, la metà della provincia di Belluno e l'altra metà da fuori. Al convegno di Bologna ho presentato un secondo caso, quello di una signora anziana di Belluno che con la medicina tradizionale era giunta al capolinea. L’anno scorso era stata operata all’addome per un tumore in stadio molto avanzato e dopo l’intervento continuava a soffrire di nausee e dolori dovuti anche alla radioterapia. Dal primo agosto del 2003 ha iniziato la cura Di Bella. Da allora le analisi del sangue segnalano un continuo miglioramento. È ingrassata di tre chili e le nausee si sono sensibilmente ridotte».
Quante cure Di Bella ha applicato nel corso della sua attività?
«Non posso contarle. Ho seguito il professore fin dall’inizio e mi sono trovato a curare innumerevoli persone provenienti da tutto il Triveneto e perfino dall’estero. Quando è possibile cerco di indirizzarli al medico dibelliano a loro più vicino. Ce ne sono di bravissimi a Verona e a Trento. E fra noi c’è una grande collaborazione».
Quali altri aspetti sono emersi nel convegno di Bologna?
«Il problema che questi farmaci sono a pagamento. In alcuni casi, dimostrato che il paziente con le cure tradizionali non ha più alcuna speranza, il ricorso al magistrato ha portato alla concessione gratuìta delle cure da parte del servizio sanitario nazionale. Altrimenti il malato è costretto a pagare tutto di tasca propria, per un costo quotidiano di trenta euro. Che fra l’altro non finisce mai perché l’andamento della malattia va tenuto sempre sotto stretto controllo».