Quindicimila sarebbero i malati di tumore che, secondo i «seguaci» del professor Luigi Di Bella, si curano ancora con la famosa Multiterapia (Mdb) messa a punto dal fisiologo di Modena morto a luglio dell’anno scorso. In realtà, sarebbero tra i tremila e i quattromila. Pochi coloro che la cominciano da subito senza nemmeno tentare le cure ufficiali, a parte la chirurgia. Molti quelli che vi arrivano dopo cicli di chemio rivelatisi inefficaci contro il male ma devastanti negli effetti collaterali.
I numeri sono dedotti dalla vendita delle dosi di somatostatina, farmaco base dell’ipotesi terapeutica del professore siciliano ma modenese di adozione. Di dati ufficiali non ce ne sono, anche per quanto riguarda i medici che prescrivono la Mdb. Sembra che solo una ventina in Italia sappiano dosarla come il «maestro». Dal Sudamerica, Argentina in testa, giunge notizia di altri discepoli e di altri malati guariti, o tenuti in vita, con la miscela dibelliana.
Tanti sono quelli che pagano medico e cura. Molto meno cara oggi di quando, nel 1997, scoppiò la protesta popolare. E all’epoca erano 10 mila i malati in cura, disposti a pagare milioni di lire al mese: il nodo era nel prezzo della somatostatina in Italia, attorno alle 200 mila lire a fiala. Oggi è di circa 20 euro (circa 40 mila lire) a dose.
Nel 1998, dichiarata chiusa la sperimentazione della Mdb ordinata dall’allora ministro della Sanità Rosy Bindi, erano ancora un migliaio i malati rimasti fedeli al cosiddetto cocktail. Di questi 300 erano i sopravvissuti alla sperimentazione che bocciò la terapia: per loro cure gratis. «Al San Filippo Neri di Roma ce n’è uno, dopo sei anni sta bene e continua con gli stessi farmaci a spese del servizio sanitario nazionale», dice Giampietro Gasparini, direttore dell’Oncologia medica dello stesso ospedale. Ma non è l’unico «miracolato». Ve ne sono in Lombardia, in Emilia Romagna, in Puglia, in Abruzzo. Altri nel Lazio. La mappa riguarda tutte le Regioni. La multiterapia, infatti, è rimborsata dalle Asl nel Lazio, in Toscana e in Emilia Romagna. Anche per i nuovi malati che scelgono questa via.
Ed ecco che, dopo il calo registrato nei mesi successivi la bocciatura scientifica, via via il numero dei malati di tumore che si sono rivolti a medici dibelliani è risalito. Probabilmente non è arrivato ai 15 mila, ma è verosimilmente quadruplicato rispetto al 2000. Perché? Come mai di fronte al cancro ci si affida ad una cura non riconosciuta scientificamente? E perché alcuni oncologi la prescrivono o la sperimentano ancora? La risposta scontata è che spesso, quando il male diventa incurabile, la speranza è l’ultima a cedere e ci si affida a qualunque rimedio pur di combattere. Un’altra risposta è che l’oncologia ufficiale forse non ha riflettuto abbastanza su quanto accadde nel 1997.
«Ogni paziente è un caso a sé», ammettono oggi molti scienziati, mappa genetica alla mano. E l’approccio nei confronti del tumore va cambiato: basta con i protocoili, servono più armi, non distruttive ma capaci di correggere i geni malati o di aiutare l’organismo a lottare. Una di queste è sicuramente quella di «asfissiare» le cellule maligne impedendo loro di costruire una rete sanguigna per alimentarsi. Esperto internazionale in questo campo è Gasparini. I dibelliani dicono che la somatostatina ha questo effetto. «Alcuni studi, pochi - dice Gasparini - lo dimostrano. Il paziente deve avere sulle cellule i recettori adatti, altrimenti non serve. Noi stiamo sperimentando altre sostanze, cinque, più efficaci. Una, l’avastin, è stata approvata negli Stati Uniti per il cancro del colon. Anche la talidomide funziona nel mieloma multiplo con un’azione simile».