BIELLA - Una valanga di contestazioni. Giuseppe Di Bella non salva nessuno: la sperimentazione della terapia messa a punto dal padre non rispettò né le modalità del protocollo, né i pazienti, in qualche caso usati quasi come cavie. Giovedì sera il figlio dello scienziato modenese ha spiegato non solo il metodo terapeutico ma anche l'ostilità della medicina istituzionalizzata. La conferenza promossa dall'associazione NuovaMente (giovedì sera nell'aula magna dell'Itis di Biella) ha registrato una partecipazione eccezionale anche se non erano presenti esponenti e oncologi in rappresentanza della "scienza ufficiale", invitati dall'associazione.
Sul finire degli anni Novanta, Luigi Di Bella, era stato protagonista di un acceso dibattito in merito alla cura delle malattie tumorali. In breve la sua terapia introduceva nuovi farmaci (il più famoso è la somatostatina) per contrastare la degenerazione dei tessuti cancerosi.
La reazione della comunità scientifica di fronte alle ricerche Di Bella era stata però improntata a un netto rifiuto, ed erano piovute nei suoi confronti accuse pesantissime come quella, ricordata nel corso della serata in un intervento di Sandro Delmastro e proferita dal prof. Tirelli, di aver elaborato «una terapia paragonabile alla vendita dell'acqua di Lourdes».
«Affronteremo un tema boicottato dalla medicina e su cui vorremo invece fare chiarezza» ha esordito Alberto Serena, presidente di NuovaMente e moderatore della conferenza che, attraverso le parole tratte da un'intervista rilasciata a Bruno Vespa da Luigi Di Bella, ha più volte sottolineato come la vicenda presenti lati oscuri.
L'attenzione dell'uditorio era però tutta rivolta al figlio del professore che ha attaccato a spada tratta la comunità scientifica, accusata di aver bocciato a priori la nuova terapia nonostante esistessero già numerose pubblicazioni nel mondo nelle quali emergeva l'effetto anti tumorale della somatostatina, gli esponenti del governo e persino la magistratura.
«La sperimentazione della cura di mio padre è stata viziata da gravi irregolarità. Alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la sua "multiterapia" (Mdb) sono stati usati come vere e proprie cavie, trattati con farmaci "guasti e imperfetti". E l'Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non ha avvertito 50 dei 51 ospedali d'Italia che sperimentavano i protocolli».
L'oncologo, dopo aver esposto dettagliatamente il metodo elaborato dal padre ed evidenziato come a differenza della chemioterapia, che interviene con aggressività sull'effetto della malattia, si tratti di una terapia biologica che agisce sulla causa, ha quindi illustrato il "falso della sperimentazione".
«Sono stati sottoposti a "Mdb" pazienti in stato terminale e già trattati con chemioterapia o radioterapia, mentre mio padre aveva espressamente indicato l'incompatibilità di tali cure con la sua combinazione di farmaci. Una serie di esposti-denuncia ha inoltre sostenuto che molti flaconi del farmaco emettevano uno strano odore di acetone e che le confezioni dello sciroppo erano state consegnate ai pazienti oltre la data di scadenza. Ma più di ogni cosa è mancato un gruppo di controllo, vale a dire 100 pazienti curati con la chemio e altrettanti con Mdb e conseguente confronto dei risultati». Toccanti infine sono state le testimonianze di persone guarite grazie al "Mdb", accorse da altre regioni pur di raccontare la loro verità. Ma molti sono stati anche quelli che nel corso della serata hanno chiesto informazioni per poter accedere alla terapia del medico modenese.