Il giudice: «Cura Di Bella gratis»

La causa discussa ad Ancona. L’avvocato Caruso: «Inefficaci tutte le altre terapie, al mio assistito non può essere tolta anche la speranza» Il Tribunale dà ragione ad un paziente a 5 anni dal fallimento della sperimentazione.

ANCONA - Per la scienza ufficiale il metodo Di Bella non serve a guarire dal cancro. Per malati di cancro, soprattutto quelli senza speranza, la multiterapia Mdb aiuta ad illudersi che non sia del tutto finita, che ci sia ancora una chance di salvezza, che il vecchio e saggio professore dai capelli candidi avesse ragione.

Per chi non ha altra cura, anche questa è una cura. Da garantire a chi non può spendere mille euro al mese per procurarsi le medicine prescritte dai protocolli terapeutici del fisiologo siciliano scomparso lo scorso primo luglio.

Ed ecco che, quasi per una rivincita postuma di Luigi Di Bella, a cinque dal fallimento sperimentale del suo discusso metodo terapeutico, un giudice torna ad imporre ad una Asl, quella di Ancona, il pagamento dei farmaci necessari alla cura a base di retinoidi e somatostatina.

Si tratta del giudice del lavoro Andrea De Sabbata, che ha accolto il ricorso d’urgenza (ex articolo 700 del codice di procedura civile) di un paziente osimano affetto da linfoma non Hodgkin (cancro maligno del sistema linfatico) refrattario a radioterapia e chemioterapia.

La causa è stata seguita gratis dall’avvocato Calogero Caruso di Falconara, che segue legalmente il dottor Mauro Todisco di Grottammare, forse l’unico medico marchigiano che ancora applica il metodo Di Bella. «Io e il dottor Todisco - spiega Caruso - collaboriamo per dare ancora un po’ di speranza a chi non ne ha più.

E anche la speranza, in questo tipo di malattia, può essere una cura. Basta pensare all’effetto placebo, riconosciuto ufficialmente dalla scienza medica».

Aspetto decisivo della questione giuridica è che, né l’avvocato Caruso nel suo ricorso né il giudice De Sabbata nella sua sentenza si avventurano sugli effetti terapeutici del Mdb. Il legale spiega che, ”almeno in prossimità della morte, ai cittadini vanno riconosciute le stesse opportunità di cura e, qualora il Sistema sanitario nazionale e la scienza medica ufficiale non siano in grado di fornire all’avanzamento della malattia efficace risposta alle loro esigenze terapeutiche, essi hanno pieno diritto a farsi curare dal proprio medico di fiducia con qualsiasi terapia o pratica medica innovativa, non ufficiale o non sperimentata, purchè ritenuta utile ed indispensabile”. Questo diritto, insiste l’avvocato, va garantito anche sotto il profilo economico, mettendo a disposizione del paziente i farmaci prescritti dal medico ”anche se solo idonei a migliorare soggettivamente le condizioni di vita, in quanto l’ordinamento giuridico non ammette vuoti di giurisdizione in materia di diritti fondamentali della persona”.

E perché lo stato dovrebbe pagare la speranza individuale e soggettiva di un cittadino in contrasto con le indicazioni della scienza medica? «Il diritto alla salute - motiva nel suo ricorso l’avvocato Caruso - è qualificato a livello costituzionale anche come un ”interesse della comunità”. Dunque, dato il suo rilevo superindividuale e pubblicistico, non sembra esservi nulla di strano nel porre a carico della collettività (cioè il Servizio sanitario nazionale) appunto, il pagamento in tutto o in parte della costosa terapia medica per cui è causa».

Motivazioni interamente recepite dal giudice De Sabbata che ha ordinato alla Asl 7 di fornire direttamente e gratuitamente i medicinali e gli strumenti idonei (una speciale siringa a rilascio prolungato della somatostatina ndr) alla somministrazione di cui alla terapia medica soprannominata ”multitrattamento Di Bella”.

La storia che porta a questo pronunciamento per così dire ”umanitario”, contro le ragioni della scienza medica, è drammaticamente simile a quella di tanti malati di cancro. Il signor Antonio (nome di fantasia), artigiano, sposato e padre di una bambina di 12 anni, dopo aver sempre goduto di ottima salute, nell’agosto di un anno fa inizia a soffrire per una tosse secca, una febbriciattola serale, una spossatezza che suggeriscono esami approfonditi.

Si pensa ad un problema di cuore, la diagnosi accerta invece un linfoma non Hodgkin che viene trattato a Torrette.

Antonio viene sottoposto a chemioterapia, radioterapia, perde i capelli, è colpito da desquamazioni e dermatiti, non si regge più in piedi. Effetti collaterali delle terapie, che però non bloccano il tumore. Anzi, il cancro al sistema linfatico progredisce in maniera inarrestabile. La scorsa primavera il paziente si rivolge al dottor Todisco che gli prescrive il metodo Di Bella, ma l’artigiano non è più in grado di pagare, non ha risparmi, non sa come sostenere i costi del cocktail di farmaci. In particolare della somatostatina, il più caro ed introvabile. Così si rivolge all’avvocato Caruso che il 7 agosto discute la causa e, in tempo davvero record in tempo di ferie giudiziarie, ottiene il pronunciamento del giudice in meno di un mese. Così Antonio, da oggi, potrà avere gratis le sue medicine.