Il Ssn paga le cure insostituibili.
Commento alla sentenza Corte Costituzionale depositata ieri 24 luglio 2003.

 

ROMA - La necessità di salvaguardare i conti del Servizio sanitario nazionale va contemperata con il diritto alla salute. Sulla base di questo principio la Corte costituzionale ha motivato l'inammissibilità della questione di legittimità dell'articolo 1, comma 4, del decreto legge 186/98 (convertito con modificazioni nella legge 257/98), promosso dal Tribunale di Bergamo. «Occorre bilanciare - scrive la Consulta nell'ordinanza 279/03 (depositata ieri) - l'esigenza di non far ricadere sul Servizio sanitario nazionale il peso economico di libere scelte individuali circa il trattamento terapeutico (in casi in cui la sperimentazione abbia dato esiti negativi), e la tutela del diritto alla salute dei soggetti nei cui confronti sia documentato che i farmaci in questione riescono motivatamente a sortire effetti benefici». Per la Corte, in conformità a un analogo orientamento espresso dalla Cassazione, il diritto all'assistenza farmaceutica - in cui si estrinseca il diritto alla salute previsto dall'articolo 32 della Costituzione - include la somministrazione dei farmaci a carico del Ssn, anche quando il medicinale non sia inserito nel prontuario terapeutico, purché risulti «indispensabile e insostituibile per il trattamento di gravi condizioni». Stando ai rilievi mossi dal Tribunale di Bergamo, con la disciplina del '98 relativa alla sperimentazione del cosiddetto "multitrattamento Di Bella", si sarebbe impedito ai pazienti di sottoporsi alla terapia con oneri a carico del Servizio sanitario «anche nei casi in cui fosse provata la stabilizzazione della malattia - non suscettibile di essere curata con terapie convenzionali - in conseguenza della sua utilizzazione, e il paziente non fosse economicamente in grado di far fronte alla relativa spesa senza eccessivo disagio». Tuttavia, per i giudici delle leggi, «il divieto contenuto nella norma impugnata deve intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione». La Consulta (sentenza n. 188/00) aveva affermato già nel 2000 la correttezza di questa disciplina per una vicenda legata alle famose ordinanze con cui alcuni pretori avevano esteso la gratuità dei farmaci connessi al metodo Di Bella ai pazienti oncologici in stato di indigenza quando non vi fosse, appunto, alternativa terapeutica e fosse accertata la stabilizzazione della malattia. La Corte, come tre anni fa, nell'ordinanza depositata ieri sottolinea di non potersi sostituire «alle valutazioni che devono essere assunte nelle competenti sedi, costituite dagli organi tecnico-scientifici della sanità, in tema di farmaci i cui costi sono addebitati al Ssn». Piuttosto, spetta ai giudici di merito, «che ne hanno tutto il potere, il compito di procedere a un'interpretazione delle leggi maggiormente compatibile con i principi costituzionali, pur nel rispetto della normativa a tutela dell'individuazione dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale».