OGGI – 16 luglio 2003 – N°29 pag.19
Dai Nostri Inviati. Di: Paolo Occhipinti

Conobbi il professor Luigi Di Bella negli anni '70, quando ancora non si parlava della sua cura anticancro. Fu un collega di Modena, Antonio De Carlo, a insistere perché andassi a trovarlo nel suo studio. «Vedrai, è un uomo eccezionale, una miniera di curiosità». Ricordo i capelli già bianchi ma foltissimi che emergevano sopra una marea di libri nella sua stanzetta all'università. Mi parlò come se ci conoscessimo da anni. «Sa che non è facile spiegare che cosa fa un fisiologo? Per esempio: lei si è mai chiesto perché la temperatura del corpo umano è a 36-37 gradi? E cosa succederebbe se riuscissimo a sopravvivere a 30 gradi?». Rimanemmo per due ore, lui a spiegare, io a entusiasmarmi di cose che mi erano sembrate fino ad allora noiose e incomprensibili. Parlammo anche di cancro. Mi disse che stava cercando di capire perché certi tumori dell'addome regrediscono durante la gravidanza. Ero affascinato dalla sua semplicità e con me i suoi studenti, che ogni tanto entravano e rimanevano ad ascoltarlo, estasiati. Molti anni dopo quel pomeriggio, quando il professore diventò famoso per la sua terapia anticancro, lo chiamai per un'intervista, e fu lui a ricordarmi quel nostro primo incontro. «Ci ho messo più di vent'anni, ma ce l'ho fatta». Quando l'Istituto superiore della Sanità iniziò la sperimentazione ufficiale del suo farmaco, mi ripromisi di dedicargli ogni settimana, in questo giornale, un resoconto puntuale e obiettivo. Ospitammo tante testimonianze entusiaste ma demmo spazio anche allo scetticismo della scienza ufficiale e alle delusioni di tanti malati. Fu Oggi per primo a bocciare con la cruda evidenza delle cifre la cura Di Bella. Il professore non volle accettare la sconfitta. Gli diedero del ciarlatano, dello stregone. Invece meritava rispetto. Tanti malati, che non sono guariti dal cancro, sono riusciti grazie a lui e alla sua cura a migliorare la propria qualità di vita. Una sua paziente, malata di cancro, presiede l'associazione di Modena che riunisce i seguaci delle cure Di Bella. Anna Checchi l'ha intervistata (a pagina 32) dopo la morte dell'omino dai capelli bianchi. Della sua affettuosa testimonianza colpisce una considerazione che non può essere frutto di fantasia: «Ho conosciuto e seguito molti pazienti curati dal professore. Non ho visto miracoli, non ho visto guarigioni fulminanti. Ho però visto gente che stava per morire ed è ancora viva».